Auto incendiate, bottiglie molotov e pietre lanciate contro la polizia: in Irlanda del Nord è scoppiata una vera e propria guerriglia urbana per la mancata sanzione delle violazioni delle restrizioni anti-covid, che, però, maschera un malcontento legato alla Brexit.
La causa scatenante gli scontri in Irlanda del Nord
A giugno 2020, in violazione delle restrizioni anti Covid-19 oltre 2mila persone, tra cui il vice primo ministro dell’Irlanda del Nord, Michelle O’Neill, hanno preso parte al funerale di Bobby Storey, membro del Partito Cattolico Repubblicano, Sinn Féin, ed ex capo dell’organizzazione militare indipendentista Ira (Irish Republican Army).
La Procura dell’Irlanda del Nord non ha formulato alcun capo di accusa a carico dei membri del Sinn Féin che presenziarono alle esequie, scatenando l’indignazione dei membri del Partito Democratico Unionista (Dup), in particolare del Primo Ministro, Arlene Foster, che ha chiesto le dimissioni del capo della polizia.
La questione è anche economica
Alla base degli scontri ci sarebbe, in realtà, la Brexit e le conseguenze economiche che ne sono derivate per l’Irlanda del Nord.
Nello specifico, la causa è da ricercare nel compromesso trovato nel 2019 da Boris Johnson, con il quale il Premier britannico accettò che l’Irlanda del Nord rimanesse nel mercato comune europeo e nell’unione doganale.
Tale accordo serviva fondamentalmente ad evitare la creazione di una frontiera vera e propria per separare l’Irlanda, membro dell’UE, e l’Irlanda del Nord, in uscita dall’Unione.
Tuttavia, gli unionisti – che da sempre temono che l’Irlanda del Nord possa trovare la via della riunificazione con l’Irlanda – hanno evidenziato le problematiche seguite all’attuazione del protocollo della Brexit: le merci in arrivo a Belfast dalla madrepatria, infatti, sono ora soggette a controlli doganali, il che ha causato penurie nei supermercati e difficoltà burocratiche.
A rischio gli Accordi del Venerdì Santo
Lo scorso marzo due milizie unioniste, Ulster Volunteer Force (Uvf) e Ulster Defence Association (Uda), hanno dato il via ad una campagna di dissenso disconoscendo gli accordi di pace del 1998.
La situazione rischiava di esplodere tra le mani di Boris Johnson e ha portato il premier britannico a violare il protocollo della Brexit, annunciando la sospensione dei controlli doganali sulle merci in transito dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord.
L’Ex premier irlandese, Bertie Ahern, ha criticato la scelta di Johnson:
Il protocollo sull’Irlanda del Nord è cruciale: si tratta di un compromesso equilibrato, che protegge la pace e gli Accordi del Venerdì Santo, perché evita il ritorno delle frontiere tra le due Irlande dopo la Brexit. Credo che se gli accordi del Venerdì santo reggessero per un altro decennio, e con essi la pace ovviamente, allora potremmo davvero avere un’Irlanda unita. Se l’Irlanda tornasse unita, saremmo nell’Ue, avremmo ottime relazioni con gli Usa, faremmo affari con tutto il mondo.
Le proteste diventano scontri
Le polemiche a distanza sono durate fino alla scorsa settimana, quando sono iniziati gli scontri violenti tra unionisti, protestanti favorevoli alla permanenza dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito, e nazionalisti, cattolici sostenitori della riunificazione con l’Irlanda.
Belfast, dove i quartieri protestanti e cattolici sono divisi da barriere in metallo, cemento e filo spinato chiamate “Peace Wall”, è diventata terreno di scontro, con lanci di molotov da una parte all’altra delle barriere, veicoli e cassonetti incendiati, lanci di sassi contro la polizia, in cui sono rimasti feriti una quarantina di agenti.
È stato perfino dirottato e incendiato un autobus, aggredito l’autista e anche un fotoreporter che si trovava sul posto, come riportato dal’Irish Mirror.
Le reazioni del mondo politico
Le violenze, descritte come un “arretramento di anni della nostra società”, sono state condannate in modo univoco da tutti i partiti politici e, oltreoceano, anche dalla Casa Bianca.
Il Primo Ministro Foster ha evidenziato che la dilagante violenza che sta avendo luogo in Irlanda del Nord non rappresenta né gli unionisti né i lealisti, e, soprattutto, distoglie l’attenzione dalle violazioni della legge commesse dai membri di Sinn Fein.
Il Ministro degli Esteri Irlandese, Simon Coveney, ha affermato:
La violenza non è la risposta. In questo momento di preoccupazione bisogna restare uniti per far fronte alla violenza in tutta l’Irlanda del Nord.
Allo stesso modo il Primo Ministro Irlandese, Micheál Martin:
Ora è il momento per il governo e i leader di tutte le fazioni di lavorare insieme per disinnescare le tensioni e riportare la calma.
Il Premier britannico Johnson, a colloquio con i leader di governo dell’Irlanda del Nord, ha condannato le scene di violenza ed invitato a risolvere i disaccordi “attraverso il dialogo, non la violenza”.
Avvocato e redattrice, nonché co-fondatrice di Inchiostro Virtuale.
Potete contattarmi inviando una mail a v.taddei@inchiostrovirtuale.it