Incidenti e misteriose sparizioni nel Triangolo maledetto
Pure chi non s’interessa di misteri e non ama le stranezze ha ben presente il Triangolo delle Bermude, anche solo per il fatto che, almeno una volta nella vita, lo ha associato alla propria lavatrice durante l’appaiamento dei calzini! Cosa c’è di vero nelle sparizioni in quell’angolo di mare (quelle della lavatrice sono tutte vere, non val la pena indagare)? Di certo c’è che negli ultimi dieci anni sono scomparse 1.100 persone, tra incidenti e sparizioni. Ma andiamo con ordine.
Dove si trova il Triangolo delle Bermude?
Il Triangolo maledetto, o Triangolo del Diavolo, si estende in un tratto di Oceano Atlantico compreso tra l’arcipelago delle Bermude, Puerto Rico e la Florida, coprendo un’ampia zona di mare di circa 1.100.000 km². A partire dagli Anni Cinquanta, la cultura di massa ha fatto sì che nascesse la convinzione che, dal 1800 in poi, si fossero verificati numerosi episodi di sparizioni di navi e aeromobili.
L’origine del mito
La nefasta reputazione di questa zona di mare risale ai tempi di Colombo, che annotò sul diario di bordo la presenza di strani fenomeni luminosi, risalenti dal fondo del mare. Registrò dei problemi con la bussola e, successivamente, vide una grande sfera di fuoco inabissarsi nell’oceano. Più in generale girò voce per secoli che la zona fosse abitata da animali marini mostruosi e sconosciuti.
In epoca recente, sono scomparsi in quelle acque senza lasciare traccia quasi duecento tra velivoli e imbarcazioni da diporto. È piuttosto difficile tenere il conto, perché le autorità americane non prendono in considerazione il triangolo e pare che non esista nessun file con questo nome in alcuna agenzia USA.
Nella maggior parte dei casi, gli incidenti sono stati archiviati imputando la colpa alle condizioni meteo avverse e/o all’errore umano, anche quando si trattava di vittime celebri come John F. Kennedy Junior, il cui aereo (un Piper Saratoga) sparì nel luglio 1999 nelle Bermude con a bordo lui, la moglie e la cognata. L’incidente fu attribuito all’imperizia del pilota nel volare in condizioni di tempo estreme.
Se, in alcuni casi, questo è sicuramente vero e, in altri, gli incidenti sono sicuramente dovuti alle avverse ed estreme condizioni climatiche tipiche della regione, per tanti altri non esiste una spiegazione scientifica tale da fugare ogni dubbio.
Il mistero in epoca moderna
Tra le imbarcazioni sparite nel triangolo ricordiamo la Cyclop, che scomparve misteriosamente il 4 marzo 1918 mentre era in rotta dalle Barbados a Norfolk, in Virginia, con un equipaggio di 309 persone a bordo. Il suo relitto non è mai stato ritrovato.
La SS Cotopaxi era una nave di 2.351 tonnellate di stazza lorda, lunga 77 metri per una larghezza di 13 circa. Sparì misteriosamente con il suo carico di carbone e i 32 uomini d’equipaggio, dopo aver inviato un messaggio radio di soccorso, dicendo che stava imbarcando acqua nel corso di una tempesta tropicale.
In numerosi casi le navi scomparvero senza lasciare traccia, mentre in altri, come per The Mary Celeste, Rosalie, John e Marie (forse i più inquietanti), ricomparvero intatte e con il loro carico, ma senza alcun segno dell’equipaggio.
Diverso il caso del Rubicone. Scomparso il 22 ottobre 1944, fu ritrovato dalla Guardia costiera degli Stati Uniti al largo della costa della Florida, privo dell’equipaggio, ma con un testimone recuperato sano e salvo: il cane di bordo.
In seguito, vi fu la scomparsa di una squadriglia di bombardieri americani del volo 19, il 5 dicembre 1945. Il capitano lanciò un messaggio enigmatico:
Non sappiamo più dov’è l’Ovest, è tutto così strano, l‘oceano non è più come dovrebbe essere.
Il Triangolo delle Bermude e i media
Il Triangolo delle Bermude diventò un vero caso internazionale nel 1974, quando Charles Berlitz pubblicò il libro Bermuda, il triangolo maledetto, in cui si sostiene che le sparizioni siano causate da strane energie e dagli alieni.
Gli fece da controcanto Kusche con Il Triangolo delle Bermuda, il mistero risolto, del 1975. Nel libro l’autore evidenziò gli errori e le imprecisioni di Berlitz, soprattutto nei punti in cui il racconto non coincideva con le testimonianze di persone coinvolte negli incidenti e dei sopravvissuti.
In ogni caso, molti furono gli autori che studiarono ed elaborarono teorie fantascientifiche.
1) Il salto spazio-temporale di Bruce Gernon Junior
Era il 4 dicembre del 1970 quando Bruce Gernon Junior e suo padre partirono dall’isola di Andros, nelle Bahamas, diretti in Florida, a Palm Beach. La visibilità era ottima. Mentre volavano, Bruce notò una nube lenticolare a forma di sigaro con i confini morbidi. Ritenendola innocua la sorvolò, ma si ritrovò a notare che la nube si allargava e s’ispessiva. Così puntò verso l’alto, ma la nube sembrava inseguirlo mantenendo la sua stessa velocità. Riuscì a liberarsene, o almeno così credette, solo quando raggiunse i 3.000 metri di quota.
A quel punto si ritrovò in una pioggia forte, che sembrava provenire dal basso, e intravide dei flash luminosi, non definibili propriamente fulmini. Intravide quindi uno scorcio di cielo azzurro tra due nubi e si buttò a capofitto in quella direzione.
Attorno a lui le nubi formarono un tunnel e avvolsero il velivolo, creando quello che Bruce Gernon definirà un vortice. Quando finalmente ne uscì, si ritrovò a volare in una nebbia elettrica che mandò in tilt gli strumenti. Scoprì con stupore che la bussola ruotava in senso antiorario e che l’attrezzatura di bordo era inutilizzabile. Non poteva nemmeno chiamare il controllo radar per dare, o ricevere, spiegazioni. Altra stranezza: le ali toccarono il bordo del tunnel riportando dei segni visibili.
Quando guardò in basso vide un lembo di spiaggia che scambiò per Bomini, mentre in realtà era la spiaggia di Miami, ben 150 chilometri fuori rotta!
Com’era possibile che fosse arrivato in metà del tempo previsto?
Era incomprensibile! Atterrò all’aeroporto di Palm Beach e verificò l’orario. Ci aveva messo quarantacinque minuti ad arrivare, invece che settantacinque, e in più aveva risparmiato dodici galloni di benzina. Bruce si convinse di aver fatto uno strano viaggio nel tempo e nello spazio: aveva attraversato il Triangolo delle Bermude!
La spiegazione che venne data a Bruce è che si trovava in un temporale in formazione. Questo spiegherebbe la velocità di aggregazione delle nubi e il campo elettrico, simile a elettricità statica, che gli mantenne gli strumenti fuori uso per diverso tempo.
E il tempo risparmiato? Semplicemente, o Bruce alla partenza non era nel punto in cui credeva o aveva volato più velocemente di quanto credesse.
Ok, non chiedete dei galloni di gasolio.
2) Ponte di Einstein-Rosen e i viaggi nel tempo
Un ponte di Einstein-Rosen o cunicolo spazio-temporale, detto anche wormhole (in italiano letteralmente “buco di verme”), è una ipotetica scorciatoia dello spazio-tempo che permetterebbe di viaggiare tra di essi più velocemente di quanto impiegherebbe la luce a percorrere la distanza attraverso lo spazio normale.
Questa galleria gravitazionale possiede almeno due estremità, connesse a un’unica galleria o cunicolo, permettendo alla materia di viaggiare da un estremo all’altro passandovi attraverso.
Se un viaggiatore lo attraversasse, però, probabilmente non arriverebbe nella sua linea temporale. Questo perché altrimenti si genererebbe una serie di paradossi, che di fatto negherebbero la possibilità dei viaggi nel tempo.
3) Ufo, la piramide sepolta e i resti di Atlantide
Queste tre teorie esistono separatamente e in alcuni casi si sovrappongono.
Atlantide
Alcuni ricercatori indipendenti sostengono che i misteriosi fenomeni siano causati da una qualche tecnologia antica – leggasi aliena – sommersa nelle profondità dell’oceano.
La prima teoria attribuisce i fenomeni al fatto che in quelle acque si troverebbero i resti della mitica Atlantide. Tra le rovine vi sarebbero dei cristalli di energia che si caricano e, occasionalmente, rilasciano un’energia in grado di alterare il campo elettromagnetico, provocando così gli incidenti.
La piramide e gli Ufo
Recentemente un team composto da esploratori americani e francesi ha confermato, in maniera indipendente, una scoperta incredibile: una struttura gigantesca, una piramide di cristallo, forse più grande della Piramide di Cheope in Egitto.
Questa piramide, parzialmente trasparente, sembra poggiare sul fondo del Mar dei Caraibi e la sua origine, età e scopo sono del tutto sconosciute. Il dispositivo sarebbe in grado di creare dei veri e propri portali spazio-temporali capaci di trasportare uomini e cose verso altri mondi e altre dimensioni.
Per dovere di cronaca devo riportare che non esistono riscontri documentati della piramide. Nessuno strumento oceanografo ha, fino ad ora, avvistato la piramide. Il tutto si aggiunge al comportamento davvero particolare del fantomatico scopritore, che, dopo aver pubblicato un’immagine della piramide, in realtà riferita a un muro sottomarino scoperto nelle profondità delle Bahamas, ha detto di aver perso l’attrezzatura con cui avrebbe realizzato il filmato.
Il muro però esiste veramente ed è a forma di J. Gli scienziati lo ritengono formato da rocce sedimentarie createsi sulla battigia nei millenni scorsi e poi sommerse per l’innalzamento del livello del mare. Questa spiegazione però non convince i sostenitori delle forze estranee, che si domandano perché si siano formate solo in quel punto e non lungo tutta la battigia.
Cosa dice la scienza?
Per le sparizioni in mare sono state formulate due teorie principali.
Bolle di gas
A causa della conformazione del fondale marino, una serie infinita di smottamenti dovuti all’origine vulcanica della zona causerebbe l’esplosione di sacche di gas metano che, rendendo l’acqua meno densa, porterebbero all’affondamento delle navi. Questa teoria, testata varie volte sia in laboratorio che su larga scala, non convince del tutto gli studiosi.
Onde anomale e nubi esagonali
Una seconda teoria indica invece come causa alcune spaventose onde anomale, che si generano all’improvviso. In vari esperimenti di riproduzione in laboratorio di onde anomale, si evidenzia che un’onda alta 25/30 metri che si infrange in mare aperto può benissimo affondare una nave in pochi secondi. Questo spiegherebbe perché nella maggior parte dei casi non sia stata inviata alcuna richiesta di soccorso. Semplicemente non c’è stato il tempo. Ma come possono formarsi così, dal niente, delle onde alte 30 metri?
La zona è interessata da repentini cambiamenti climatici tipici della zona caraibica, ma ciò non basta. Secondo il dottor Cerveny dell’Arizona University e il meteorologo Miller della Colorado University, la causa dei disastri potrebbe ricercarsi nella presenza di nubi esagonali, ovvero nuvole chiuse.
Queste nubi, la cui concentrazione sopra le Bermude è stata confermata dalle immagini satellitari, creerebbe vere e proprie bombe d’aria con venti capaci di soffiare anche a 300 chilometri orari, dando vita a fenomeni e tempeste tali da capovolgere navi o portaerei. Per Cerveny, questi getti d’aria che scendono dalla parte inferiore delle nubi, a contatto con l’oceano possono dare vita a onde di dimensioni enormi, alte anche più di trenta metri.
Come spiega la scienza la mancanza di relitti e resti?
Karl Kruszelnicki, noto giornalista scientifico australiano, spiega in un’intervista che le acque in quella zona sono molto profonde e, anche con i potenti mezzi a disposizione oggi, trovare un relitto o un cadavere in mare non è affatto semplice.
In conclusione Kruszelnicki sostiene, senza mezzi termini, che il numero di disastri aerei e navali avvenuti nel Triangolo delle Bermude è assolutamente in linea con quelli avvenuti nel resto del mondo. Statistiche alla mano, il numero di velivoli e imbarcazioni scomparsi tra Florida, Bermuda e Puerto Rico non è diverso da quello di altre zone ad alta densità di traffico aeronavale, quindi non serve neppure fare appello a condizioni meteo fuori dal comune.
Concludo con una curiosità
Film e libri sul triangolo del diavolo si sono moltiplicati nel corso degli anni, ma se volete un sunto completo, simpatico e divertente di tutti i miti e le spiegazioni scientifiche e pseudoscientifiche del Triangolo delle Bermude vi suggerisco di guardare Scooby Doo e i pirati dei Caraibi. Se invece volete qualcosa di più serio, potete guardare questo documentario. Enjoy!
Consigli di lettura
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Mi chiamo Cristina, sono nata di giovedì e sono un sagittario!
Mi piace chiacchierare, conoscere persone e sono a mio agio anche a una festa in cui non conosco nessuno. Cerco sempre il lato positivo delle cose e il mio motto è “c’è sempre una soluzione”!
Maniaca della programmazione, non posso vivere senza la mia agenda.
Ho studiato linguaggi dei media e da quasi 20 anni mi occupo di comunicazione per una grande azienda di telefonia.
Nel tempo libero mi piaceva leggere, viaggiare, guardare i film, andare a teatro. Ora invece ho due gemelle di 7 anni che, se da una parte assorbono quasi tutte le mie energie, dall’altra mi hanno donato un nuovo e divertente punto di vista.
Per tutti questi motivi vi parlerò di storie e leggende.