Matria. Storia della Sardegna, episodio 4
Nel corso del I millennio a.C., durante l’età del ferro, la civiltà nuragica (la cui nascita è stata affrontata nell’articolo: “Sardegna nuragica: età del bronzo e torri“) conosce una profonda trasformazione e si avvia lentamente al suo epilogo.
La civiltà nuragica nel suo periodo tardo
“I sardi sono di schiatta Rum ‘afariqah berberizzanti, rifuggenti dal consorzio di ogni altra nazione di Rum; sono gente di proposito e valore che non lascia mai l’arme.”
[Al-Idrisi di Ceuta]
Il primo fatto degno di nota è che nel tardo nuragico si smette di costruire nuraghi. Curioso a dirsi, visto che le alte torri conferiscono il nome a questa civiltà di protosardi. È accettata l’ipotesi che abbiano continuato a usarli, anche se l’aver trovato dei bronzetti che rappresentavano proprio i nuraghi fa pensare che fossero ormai diventati oggetto di venerazione.
Le informazioni disponibili mostrano un cambiamento nel concetto di controllo e difesa del territorio e delle risorse.
Da una strategia di gestione militare e civile incentrata sui nuraghi si passa alla difesa in campo aperto, con un esercito formato da varie specialità: a suggerirlo sono ancora una volta le statuine in bronzo ritrovate nei luoghi sacri, una processione di guerrieri armati di tutto punto.
Accanto all’investimento militare si manteneva viva la necessità di coltivare i rapporti con i popoli che solcavano il mar Mediterraneo e approdavano anche sulle coste della Sardegna.
Commerci e relazioni della civiltà nuragica durante l’età del ferro
A partire dal IX secolo a.C. e fino alla prima metà del VII secolo, gli antichi abitanti della Sardegna stabilirono delle relazioni con la civiltà dei Ràsenna, che tutti conosciamo come gli Etruschi.
Le prove sono fornite dal record archeologico: in Sardegna sono stati recuperati oggetti importati dall’Etruria e molti siti etruschi hanno restituito bronzetti nuragici. Tra questi, sono degni di nota i bronzetti che raffigurano imbarcazioni.
Essi aprono una nuova finestra di comprensione sulla civiltà nuragica, che va oltre la concezione agro-pastorale che le è stata sempre affibbiata (fino alla nausea, ndr) e dimostra anche una vocazione marinara.
Le navicelle riprodotte dagli esperti artigiani nuragici testimoniano la familiarità dei protosardi con la navigazione; a fornire una ulteriore conferma dell’esistenza di una marineria nuragica c’è il ritrovamento di àncore in pietra lungo la costa orientale dell’isola.
Se gli Etruschi mantennero contatti regolari con i Nuragici, probabilmente non solo commerciali ma anche attraverso una politica matrimoniale, i Fenici in Sardegna portarono questa relazione a un livello successivo.
La diffusione dei Fenici in Sardegna
I Fenici sono stati uno dei grandi popoli del passato, nato sulle coste del Medio Oriente. Avevano un’anima di navigatori e commercianti, capaci di creare degli empori in diverse zone del Mediterraneo occidentale destinati a diventare delle vere e proprie colonie. È quello che accadde in Sardegna.
La presenza fenicia in Sardegna è documentata sin dal IX secolo a.C. e si evolve nell’VIII secolo nella costituzione di insediamenti fenici autonomi sulle coste dell’isola:
- Tharros, Othoca e Neapolis a occidente;
- Sulky nell’isola di Sant’Antioco;
- Nora, Bithia e Karaly a sud;
- Olbia sulla costa nord-orientale.
Fenici e Nuragici erano profondamente diversi culturalmente.
Per quanto la civiltà nuragica fosse articolata e complessa, era rimasta al livello di villaggio e mancava dell’organizzazione tipica fenicia. Per esempio, nel sito di Monte Sirai (Carbonia) sono ancora visibili i quartieri separati dalle strade, una piazza e un tempio.
Inoltre, fu per mezzo dei Fenici che in Sardegna si passò dalla Preistoria alla Storia. Essi avevano inventato l’alfabeto e approdarono nell’isola portandosi appresso la loro scrittura; la stele di Nora, che riporta la più antica testimonianza del nome della Sardegna, è opera dei Fenici.
Quello dei Nuragici e della scrittura è un problema di cui ti parlerò più tardi.
Ad ogni modo, non sembra che le differenze culturali avessero impedito l’integrazione e, in questa fase, non è irragionevole parlare di Sardo-Fenici.
L’equilibrio spezzato: arrivo dei Cartaginesi
Nel VI secolo a.C., nel pieno di una elaborazione culturale che avrebbe potuto essere gravida di conseguenze, qualcosa si ruppe e trascinò gli eventi, in quel momento storico detto nuragico di sopravvivenza.
Un ruolo primario in questa disgregazione lo ebbe senz’altro la conquista cartaginese della Sardegna.
Tra l’altro, anche Cartagine era una colonia fenicia, fondata nell’odierno golfo di Tunisi. Ma i Cartaginesi avevano una mentalità più aggressiva e, col tempo, si erano distaccati dalla madrepatria espandendo la loro influenza sui territori mediterranei.
C’erano tre buoni motivi per imbarcarsi nell’impresa di conquistare l’isola: le potenzialità dei centri commerciali costieri, le pianure dell’entroterra e le ricche miniere metallifere.
Sappiamo che i Cartaginesi non ebbero vita facile, perché due generali, Malco e in seguito Amilcare, dovettero occuparsi della Sardegna. A complicare le operazioni non c’era solo l’ostilità feroce degli autoctoni, ma anche l’intraprendenza dei concorrenti.
Battaglia del Mare sardo
Infatti, più o meno nello stesso periodo anche i greci Focesi stavano cercando di assicurarsi una fetta dei ricchi commerci del Mediterraneo occidentale. Nei loro progetti rientrava anche la Sardegna, in particolare avevano tentato una penetrazione lungo la costa orientale e nella zona di Olbia.
Per contrastare la pressione greca, i Cartaginesi si coalizzarono con gli Etruschi combattendo una battaglia navale tra il 541 e il 535 a.C. Alla fine, la storia vede Cartagine vincitrice e la Sardegna conquistata, per lo meno cade sotto l’influenza cartaginese l’anello costiero. Le zone dell’interno molto probabilmente diventarono il rifugio per tutte le tribù che rifiutavano la nuova situazione politica.
Scontro tra militaristi: punici e romani
Nella storiografia c’è uno schema che si ripete nei secoli dei secoli. Un popolo emerge dal brulicare della vita umana e si gode le sue grandi conquiste, finché non affronta un altro popolo più forte rompendosi i denti.
Le prime informazioni sul triangolo Sardegna-Cartagine-Roma vedono la prima nelle mani dei Cartaginesi (o Punici, se consideriamo il punto di vista dei Romani).
Lo storico Polibio ci dice che il primo trattato tra Roma e Cartagine risale al 1° anno della Repubblica (509 a.C.) e pare che la Sardegna non fosse ancora stata inserita nella zona proibita: i Romani potevano commerciare, anche se doveva presenziare un araldo o uno scriba cartaginese.
Cartaginesi e Romani avevano molto in comune, entrambi adoperavano la forza militare volentieri e sfruttavano economicamente i territori conquistati. Quindi era già scritto che le cose tra loro si sarebbero guastate.
All’indomani della 1° guerra punica i Cartaginesi, tra le altre cose, dovranno rinunciare anche alla Sardegna, che nel 238 a.C. entrerà nella sfera di dominazione romana.
La civiltà nuragica e l’annoso problema della scrittura
Qualche paragrafo prima ti ho parlato della testimonianza più antica del nome della Sardegna: la scritta SRDN incisa sulla stele di Nora. È strano che a trasmettere questa informazione non siano stati i Nuragici, ma i Fenici con il loro alfabeto.
Tra i segni che la civiltà nuragica ha lasciato dietro di sé purtroppo manca proprio la scrittura. Era una cultura orale e, se hanno mai scritto, non abbiamo ancora trovato alcunché di concreto.
Questo vuol dire anzitutto che non conosciamo la lingua parlata e non possiamo stabilire se venne influenzata dalle relazioni con Etruschi, Fenici e Cartaginesi, e come. Il poco che ci è pervenuto consiste in relitti lessicali orali, soprattutto nomi di fiumi e luoghi, e nomi di persona tramandati dalle iscrizioni latine e che sono sopravvissuti sino al Medioevo. Un esempio è il nome maschile Ithoccor.
Non si tratta dell’unico problema: l’assenza della scrittura corrisponde all’assenza di un punto di vista, che non può essere colmato del tutto dalle rappresentazioni artistiche. Perciò molte informazioni sulle genti della Sardegna e le loro tradizioni sono informazioni di seconda e anche terza mano, filtrate e riportate dagli autori classici.
Sardò, Sandaliotis, Ichnussa, l’isola dove si usava dormire presso le tombe degli avi a scopo magico e di guarigione, e si praticava l’ordalia sui ladri presso le fonti sacre.
Difficile stabilire quanto dell’antica civiltà nuragica fosse ancora vitale dopo la dominazione cartaginese. Di sicuro, al netto di tutto quello che fu perduto, la lunga presenza romana in Sardegna diede un’impronta decisa allo sviluppo futuro della lingua, delle leggi e delle consuetudini.
Te ne parlerò nell’episodio 5: “Sardegna romana: l’inizio di un lungo dominio“.
FontiStoria della Sardegna, dalla preistoria ad oggi – A cura di Manlio Brigaglia ImmaginiBronzetto di arciere – Wikimedia Commons by Shardan |
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