Dimenticate il lieto fine alla Disney
Spesso le fiabe, nella loro versione originale, sono molto diverse da quelle a cui siamo abituati e La sirenetta di Hans Christian Andersen lo dimostra appieno. Scopriamone di più!
Le fiabe ieri e oggi
Chi ha a che fare con i bambini, figli, nipoti, sa quanto sono importanti per il loro sviluppo psico-emotivo quei momenti in cui mamme, papà, nonni si siedono accanto al letto e aprono il libro delle fiabe. Contribuisce alla loro formazione non solo l’atmosfera di calda intimità familiare che si crea in quei momenti, ma anche la possibilità di assistere in un ambiente sicuro e ovattato allo svolgersi di eventi di vita.
Le fiabe, oggi come in passato, sono destinate a impartire insegnamenti ai più piccoli, a dar loro un bagaglio per affrontare le sfide. Una sorta di manuale d’istruzioni, una palestra in cui affrontare e risolvere le naturali tensioni che si presentano nel corso della vita da adulti.
Le fiabe parlano di com’è fatto l’uomo, come funziona e quali sono le leggi che governano la nostra vita individuale e sociale (Paoletti, Il mito e la fiaba). I percorsi e le disavventure vissute dai protagonisti permetteranno al bimbo di capire che la vita ti pone davanti a degli ostacoli, a delle difficoltà ma che tu, come il tuo eroe, potrai affrontarli e superarli se adotterai il comportamento corretto.
Le fiabe, anche le più moderne, hanno radici antiche e di certo quelle che raccontiamo oggi ai nostri pargoli, pur mantenendo lo scopo didattico e educativo originario, divergono fortemente dalla loro forma primaria. Le versioni presenti nell’immaginario collettivo sono, principalmente, quelle veicolate dalla trasposizione cinematografica disneyana, che, omettendo e rielaborando, hanno in alcuni casi talmente alterato l’originale da conservarne il solo nucleo narrativo.
Le azioni più violente, i risvolti più raccapriccianti, inquietanti e spaventosi che infarcivano le versioni ottocentesche sono stati epurati. Oggi non ce la sentiamo di esporre i bambini, e la pedagogia concorda, a contenuti che, spesso, non sarebbero nemmeno adeguati alla loro età. Insomma, abbiamo reso le fiabe politicamente corrette.
“Quando sono state messe inizialmente per iscritto, le fiabe su cui si basano le storie qui contenute indubbiamente servivano al loro scopo, che era di consolidare il patriarcato, distaccare le persone dai loro impulsi naturali, demonizzare il “male” e premiare un “bene obiettivo”. Tuttavia, per quanto ci piacerebbe farlo, non possiamo biasimare i fratelli Grimm per la loro insensibilità nei confronti delle tematiche femminili, delle culture delle minoranze e dell’ambiente. Allo stesso modo, nell’ipocrita Copenaghen di Hans Christian Andersen i diritti inalienabili delle sirene non erano minimamente presi in considerazione” (Storie politicamente corrette di James Finn Garner).
Uno dei maggiori stravolgimenti lo troviamo ne La sirenetta.
La sirenetta: Andersen vs Disney
Nella versione originale scritta nel 1836, pubblicata nel 1837, dall’autore danese Hans Christian Andersen, Ariel è una bambina tranquilla e pensierosa che vive sul fondo del mare con suo padre, la nonna e le sorelle maggiori (5 o 6 secondo le edizioni).
Quando a quindici anni, come da tradizione sirenica, le è concesso di nuotare fino alla superficie, s’imbatte in una terribile tempesta che sta flagellando una nave comandata da un bellissimo principe. Innamorandosi di lui al primo sguardo, deciderà di salvarlo (per la cronaca le sue sorelle si divertono ad attirare e poi far affogare i marinai di passaggio) quando la nave, sferzata dalla forza del mare, si spezzerà in due finendo per inabissarsi. Dopo averlo soccorso, lo adagerà sulla battigia accanto a un tempio restando a vegliarlo per qualche tempo.
La nonna
Qui si presenta la prima grossa differenza con il film Disney La Sirenetta, diretto da Ron Clements e John Musker, e il testo originale. Nel testo di Andersen emerge una figura del tutto assente nella versione cinematografica, la nonna di Ariel, e contemporaneamente emerge chiaramente la valenza religiosa che impregna la storia.
La nonna, infatti, spiega alla ragazza che rispetto alle sirene gli uomini hanno una vita ben più corta. compensata però da un’anima eterna che continuerà a vivere anche dopo aver lasciato questo mondo. Ariel ha così la conferma che lei, in quanto creatura marina e sovrannaturale, potrà vivere fino a trecento anni, ma una volta terminato il suo cammino (o sarebbe meglio dire la sua nuotata) non resterà niente di lei e scomparirà trasformandosi in spuma marina. Come se ciò non bastasse, Ariel, che già sospira d’amore per il bel principe, scopre che se vuole avere un’anima eterna dovrà sposarlo. Insomma, come unire l’utile al dilettevole.
Quella che viene tratteggiata quindi è un’Ariel che, lungi dall’essere solo una ragazzina innamorata che sogna di coronare il proprio sogno d’amore, ha in realtà come fine ultimo l’acquisizione di un’anima immortale e per farlo accetterà di pagare un prezzo altissimo.
La versione cinematografica è più allegra, a tratti umoristica, punta i riflettori sul giovane cuore innamorato e sulla passione della protagonista per il mondo umano che le fa utilizzare in maniera alternativa oggetti di uso comune: mitica rimane la scena dell’uso della forchetta, o arriccia spiccia, come spazzola per capelli.
Il piano del conflitto si sposta sul rapporto padre e figlia, più consono all’universo disneyano, e le decisioni che prenderà Ariel da questo momento si devono alla sua voglia di affermare la propria personalità, di affrancarsi dall’autorità materna e inseguire il proprio sogno d’amore.
La strega del mare
In entrambe le versioni, la ragazza decide di rivolgersi alla strega del mare, che le fornirà una pozione per acquisire le gambe; in cambio dovrà donarle la propria voce.
Nel film Ursula, la strega, cattura la voce rinchiudendola in una conchiglia dando alla ragazza l’obiettivo di ricevere il bacio del vero amore entro tre giorni; se non ci riuscirà, tornerà a essere una sirena ma sarà schiava della strega del mare.
Molto peggio va alla sirenetta originale, alla quale, in cambio del filtro magico, sarà tagliata la lingua, ogni volta che farà un passo le sembrerà di camminare sui coltelli e non potrà mai più tornare sirena. Inoltre quest’ultima si gioca la vita: per sopravvivere, dovrà riuscire a farsi sposare dal principe, se non riuscisse e lui sposasse un’altra, al sorgere del sole del giorno successivo alle nozze la sirenetta morirà di crepacuore trasformandosi in schiuma di mare. Ovviamente Ariel accetta speranzosa e beve la pozione magica.
Nel film Ariel, nonostante non parli, arriva, grazie a una combriccola di amici animali canterini, molto vicino all’obiettivo: ottenere il bacio entro tre giorni dalla trasformazione. Ursula è adirata, vuole che la ragazza fallisca per averla in suo potere come vendetta verso il padre che l’aveva sconfitta e allontanata dalla vita di corte, quindi interviene. Si trasforma in una giovane la cui voce, quella di Ariel, viene riconosciuta dal principe per quella della ragazza che l’ha salvato e decide così di sposarla.
La storia originale è invece caratterizzata da marcate sofferenze fisiche che altro non sono che le prove, il martirio, per ottenere l’anima immortale. Non potendo parlare, l’affezione che il principe prova per lei non si trasforma in vero amore, anzi, la fanciulla viene trattata come un animaletto da compagnia, il principe la lascia dormire ai piedi del suo letto e la chiama “la mia trovatella”.
In uno dei suoi viaggi, poi, incontra la principessa di un altro regno e riconoscendola erroneamente come la sua salvatrice durante il naufragio, decide di sposarla concedendo alla ragazza muta di ballare alle sue nozze.
La sirenetta è disperata, ma le sue sorelle intervengono portandole un coltello magico, ottenuto dalla strega del mare in cambio dei loro capelli, con cui dovrà uccidere il principe prima dell’alba. Se lo farà e si bagnerà i piedi nel suo sangue, non otterrà l’anima, ma potrà tornare sirena e vivere assieme alla sua famiglia il tempo che le è concesso.
Epiloghi a confronto
Ariel non accetta di salvarsi uccidendo un innocente: lascia quindi cadere il coltello e si getta in mare. In quel momento accade qualcosa d’inaspettato: grazie alla sua bontà non muore ma è accolta in cielo dalle figlie dell’aria, figure fatate quasi angeliche, che le spiegano che potrà ottenere un’anima immortale ed entrare in paradiso dopo trecento anni di buone azioni. Inoltre, per ogni bambino buono che riuscirà a trovare, le sarà risparmiato un anno di attesa; per ogni bambino cattivo, invece, si aggiungerà un giorno per ogni lacrima. La sirenetta, per la prima volta piange, le sirene non hanno lacrime, ma lei è diventata una figlia dell’aria e finalmente può esprimere la sua gioia con un pianto liberatorio.
Molto diversa è la trama del film: durante la celebrazione del matrimonio su una nave, un’Ariel rassegnata scopre che Eric, a causa di un incantesimo ipnotico generato dal suo stesso canto imprigionato nella conchiglia, sta per sposare Ursula trasformata. I suoi amici animali intervengono disturbando le nozze. In questo caos la conchiglia si rompe e l’incantesimo si spezza, Ariel torna sirena ma riacquista la sua voce proprio mentre Eric, ripresosi, sta per baciarla. Segue uno scontro fra Tritone, re del mare, e Ursula, per la liberazione di Ariel dal contratto stipulato. La lotta volge al peggio per il genitore che accetta di prendere il posto della figlia come schiavo di Ursula e Ariel viene liberata.
Ursula s’incorona nuova sovrana ma Ariel ed Eric non accettano la cosa e ingaggiano una nuova battaglia. Trovandosi in difficoltà la strega si trasforma in un mostro marino che il principe uccide infilzandolo col bompresso della nave. Morta la strega tutto torna alla normalità e re Tritone accetta di trasformare la figlia in essere umano affinché, dopo tante peripezie, possa vivere il suo sogno d’amore col principe Eric.
La sirenetta: e il lieto fine?
Personalmente amo il lieto fine. Lo trovo giusto, confortante. Chi ha affrontato le avversità di un percorso di evoluzione o crescita ha diritto di ricevere la ricompensa finale. In quest’ottica non sono certa che l’epilogo proposto da Andersen per la sua sirenetta sia peggiore di quello che ottiene l’Ariel del ventesimo secolo.
La sirena ottocentesca aveva come primo scopo la conquista dell’anima eterna, primaria era la valenza religiosa. Lo sposare il principe, di cui pure è innamorata, è un piacevole mezzo per arrivare al suo obiettivo principe (perdonatemi il gioco di parole), raggiungere la vita eterna.
Come in ogni storia di santità deve affrontare e superare prove fisiche, dolore e mutilazioni, tribolazioni morali – il principe che s’innamora e sposa un’altra donna – e, nel momento in cui è sconfortata, deve resistere alla tentazione di percorrere la strada più semplice: uccidere il principe e tornare alla sua vita. Stoicamente persevera e annulla la propria esistenza in favore di un innocente. La sua scelta di perdizione, affrontare un futuro d’oblio, la porterà alla salvezza che cerca. Ha raggiunto il suo lieto fine.
L’Ariel moderna è apparentemente di più facile interpretazione, anche se le femministe, a mio avviso con ragione, non hanno risparmiato aspre critiche al film. Di fatto la massima aspirazione cui punta Ariel, che ricordiamo ha poco più di sedici anni, è quella della tradizione, portare avanti un amore eterno con un uomo con il quale non ha pressoché mai parlato, rinunciando a tutto: al suo talento, agli affetti più cari, il padre e le sorelle, fino ad arrivare a stravolgere se stessa e la sua natura più profonda: diventare umana.
Da madre, di due bambine per di più, mi trovo a dar ragione a Tritone, preoccupato per le scelte della figlia che portano in parte alla rinuncia delle proprie aspirazioni. Non dico che non si debba seguire il cuore ma, parafrasando Wilde, “bisogna stare attenti a cosa si desidera perché si potrebbe ottenerlo”.
Per questo ritengo che le proteste della comunità femminista abbiano avuto una base di verità: i film, le fiabe moderne non hanno perso la loro valenza di costruire dei modelli cui aspirare e attenersi una volta adulte.
Sotto questo aspetto, però, l’impero Disney (e non solo) negli ultimi dieci anni sta correggendo il tiro proponendo ai nostri bambini figure femminili più forti e risolute, nel costruirsi una propria identità e nell’affermazione personale, e principi un po’ più dolci, meno perfetti e sicuramente meno principi. In alcuni risultano addirittura non pervenuti.
Questa, però, è un’altra storia che, se vi va, affronteremo assieme un’altra volta. Alla prossima!
Consigli di lettura
Se l’articolo vi è piaciuto, leggete anche quello sulle sirene: le più belle statue in giro per il mondo.
Mi chiamo Cristina, sono nata di giovedì e sono un sagittario!
Mi piace chiacchierare, conoscere persone e sono a mio agio anche a una festa in cui non conosco nessuno. Cerco sempre il lato positivo delle cose e il mio motto è “c’è sempre una soluzione”!
Maniaca della programmazione, non posso vivere senza la mia agenda.
Ho studiato linguaggi dei media e da quasi 20 anni mi occupo di comunicazione per una grande azienda di telefonia.
Nel tempo libero mi piaceva leggere, viaggiare, guardare i film, andare a teatro. Ora invece ho due gemelle di 7 anni che, se da una parte assorbono quasi tutte le mie energie, dall’altra mi hanno donato un nuovo e divertente punto di vista.
Per tutti questi motivi vi parlerò di storie e leggende.