La svolta delle self-driving car sembra sia decisamente vicina: tutti concordi per il 2019-2020. In campo, infatti, non sono più solo start-up finalizzate alla guida autonoma (come Tesla, ad esempio), ma arrivano promesse concrete da parte dei fornitori tradizionali: Toyota, Volkswagen, Honda, tra gli altri. Oltre all’onnipresente Google, o meglio la casa madre Alphabet, presente in questo mercato con Waymo.
Per il tema del mese, vediamo allora nel dettaglio cosa comporterà questa transizione, cosa è in arrivo nella decade che sta per aprirsi, e con quali cambiamenti alle nostre abitudini e stili di vita.
Dall’auto tradizionale alla self-driving car
Wikipedia riporta la classificazione codificata dall’associazione statunitense degli operatori del mercato dell’auto, la Society of Automotive Engineers, dei sei passi che portano da un’auto tradizionale a una con guida completamente autonoma:
- SAE-0, No Automation;
- SAE-1, Drive Assistance;
- SAE-2, Partial Automation;
- SAE-3, Conditional Automation;
- SAE-4, High Automation;
- SAE-5, Full Automation.
Al primo livello troviamo le auto che non hanno nessun supporto intelligente alla guida, mentre solo il passaggio all’ultimo livello comporterà la scomparsa del volante e, quindi, l’automazione completa.
Un quadro molto chiaro è presentato dal sito engineering.com e lo riportiamo qui.
È probabile che l’auto di chi legge sia già al livello SAE-1, ad esempio se ha il regolatore automatico di velocità. Se poi è dotato di auto-parcheggio, allora siamo già al livello SAE-2.
Quello che però vari produttori stanno promettendo è la disponibilità di modelli di classe SAE-3, la prima con una reale autonomia di guida, seppure limitata, entro fine 2019 – inizio 2020. In sostanza, una volta impostata la destinazione, l’auto si muoverà in moto autonomo. Solo nel caso di condizioni che il software di bordo non è certo di gestire con sicurezza, l’auto chiederà l’intervento del guidatore.
Da notare che i modelli Tesla prodotti a partire dall’ottobre 2016 sono già oggi dotati del sistema Tesla Autopilot, il cui software attuale è un SAE-3, mentre l’hardware (sensori, telecamere, attuatori) è dichiarato già compatibile con un SAE-5.
Per quanto riguarda i tempi, le case automobilistiche giapponesi puntano a rendere disponibili veicoli SAE-4 per le Olimpiadi di Tokio del 2020, solo per spostamenti nel villaggio olimpico e sui terreni di gara. In ogni caso la Full Automation dovrebbe essere realtà entro il 2030. [correzione apportata dopo la pubblicazione]
Quale utilizzo facciamo oggi della nostra auto?
Facciamo un rapido back-of-the-envelope calculation di un utilizzo tipico:
- un’ora al giorno per cinque giorni a settimana, per andare al lavoro;
- tre a settimana per la spese;
- un paio d’ore a settimana per pizzeria, cinema e follie varie;
- 7 giorni a 4-5 ore di guida al giorno, per vacanze.
Fanno in tutto 520 ore di guida. Se si ipotizza un mix bilanciato tra percorsi urbani ed extra-urbani, dovremmo essere a una velocità media di 45 km/h, quindi con una percorrenza annua di 23.400 km. Ci può stare.
Quanto pesano le 520 ore sul totale delle ore disponibili nel 365 giorni? Viene un 6%, ragionevolmente vicino ai valori che leggo in giro sul tema, oscillanti tra il 3 e il 5%.
I vantaggi delle self-driving car
Questo vuol dire che la mia auto è per il 94% ferma da qualche parte. Nel garage, sotto l’ufficio oppure davanti al centro commerciale.
Se l’auto, invece di essere mia, fosse un veicolo utilizzato come servizio di trasporto, si avrebbero quindi diversi vantaggi:
- utilizzo dello stesso veicolo da parte di più soggetti (ci vado al lavoro io alle 8, lo utilizza un altro alle 10 per andare al supermercato, da lì accompagnerà un’altra persona a casa, e così via). Quindi:
- necessità di un numero minore di auto, anche a fronte di una percorrenza globale che addirittura cresce;
- semplicità di parcheggio ma, soprattutto, azzeramento dei tempi di parcheggio per il viaggiatore (ex-guidatore);
- miglior utilizzo delle infrastrutture stradali, e quindi meno costi e sconquassi per aumentarne la portata:
- intanto perché ci sono meno auto in giro;
- ma soprattutto la velocità media (e quindi la portata del flusso) sarà più alta se a guidare sarà un software; spariranno infatti i guidatori testa di cappero, quelli, ad esempio, che accelerano al massimo appena usciti da un rallentamento, con il risultato di favorirne un altro un paio di chilometri dopo;
- e, per concludere, minori emissioni, a tutto vantaggio dell’ambiente.
Già, perché con le self-driving car scompare il guidatore
Quando nel 1908 dagli stabilimenti Ford di Detroit escono i primi esemplari di Tin Lizzie, la mitica Ford T, parte una rivoluzione. L’automobile cessa di essere un costoso giocattolo per gente ricca e si pone come abilitatore al libero spostamento dell’americano medio. Sarà lo stesso Ford a preoccuparsi che la paga dei suoi operai sia adeguata a poter aspirare in un tempo ragionevole all’acquisto di un esemplare di Tin Lizzie.
La rivoluzione consiste però non solo nella produzione di serie, senza tanti optional (colore unico, il Nero opaco) e per ciò con costi abbordabili per il prodotto finito, ma nella qualità del veicolo.
Non è più fortemente suggerito, quindi, che a guidare il veicolo sia un esperto meccanico, per risolvere probabili problemi al motore o ai meccanismi. È sufficiente che il guidatore sappia come gestire la guida del veicolo e conosca le regole della circolazione stradale.
La disponibilità di self-driving car di classe SAE-5 renderà inutile anche questa esigenza: insieme al volante, sparirà anche la figura del guidatore.
Cosa sparirà con il guidatore?
L’effetto più dirompente e logico, delle self-driving car completamente autonome, consiste nella radicale transizione dal possesso di un’auto all’utilizzo di un servizio di trasporto personale.
Saranno probabilmente disponibili varie fasce di servizio. L’ampia fascia media dei consumatori si accontenterà di un servizio standard, i più esigenti potranno, magari ogni tanto, andare al supermercato con una lussuosa Ferrari e tornare a casa con un SUV. Alla base dell’offerta ci sarà sicuramente una forma estremamente low-cost, magari senza troppe flessibilità (più passeggeri, qualche rigidità degli orari). Un’evoluzione dell’attuale servizio urbano (la metro di Torino e la linea 5 di Milano sono già a guida autonoma) e dei modelli di servizio alla Flixbus.
Chi sarà allora il proprietario del veicolo?
Probabilmente la casa costruttrice stessa, con grande semplicità della gestione del rinnovamento del parco auto. Cambierà quindi il ruolo dei concessionari (più operatività e meno marketing?), si stravolgerà il ruolo delle assicurazioni.
Cambierà anche il concetto di garage. Avrà ancora senso il possesso di un garage per l’auto?
Inoltre lo Stato dovrà mostrare tutta la sua creatività nel garantirsi un gettito fiscale, anche a fronte della sparizione della tassa sul possesso, delle accise sui carburanti e via vessando. E i parcheggi a pagamento, con accompagnamento delle multe per divieto di sosta o da autovelox, gettito tanto caro ai comuni?
E tutto questo non tra un secolo, ma a partire dal 2028-2030. Appena dieci anni da oggi.
La roadmap per la SAE-5
Per raggiungere l’obiettivo della Full Automation, è necessario che il software di controllo della guida del veicolo sia a prova di qualunque situazione di traffico, e garantisca la massima sicurezza non solo da incidenti, ma anche da intrusioni informatiche.
Un esempio a caso di intrusione: mentre il viaggiatore è preso da un film, potrebbe essere possibile dall’esterno sostituire i dati GPS e le immagini di un incrocio rilevate dalle telecamere di bordo con i dati fake relativi a una strada dritta senza intersezioni. Il delitto è servito.
Non bisogna dimenticare, infatti, che l’auto sarà controllata di fatto da un elaboratore o meglio da una rete di elaboratori, a loro volta connessi in rete per scambiare informazioni sulle condizioni di traffico, sullo stato del veicolo o, anche, per consentire ai passeggeri di impiegare il tempo di viaggio lavorando, o guardando un film, ad esempio.
Mettere a punto il software di controllo richiede di accumulare ore e ore di funzionamento in condizioni reali, o almeno prossime al reale.
Un esempio di sorprese che si incontrano è dato dall’esperienza della Volvo, che lo scorso luglio rivelava come l’algoritmo di riconoscimento degli animali su strada, messo a punto con cervi, alci e caribù si era mostrato fallace al test stradale in Australia, sbagliando la stima della distanza dei canguri.
L’esperienza necessaria viene raggiunta in vari modi. Diversi costruttori, dopo averli estesamente testati su strada, inseriscono via via componenti intelligenti nei nuovi modelli di auto, per consolidarne gli algoritmi di controllo.
Ma c’è anche chi ha costruito una città per il test delle self-driving car
Waymo, dal suo canto, oltre a sperimentare in diverse città statunitensi, ha costruito una città fittizia in California, Castle, con un sistema stradale che replica le più diverse condizioni stradali. Castle non ha edifici, tranne uno destinato ai tecnici che debbano pernottare in zona, ma è completo dei vialetti di accesso alle tipiche casette statunitensi.
Su youtube è possibile trovare diversi video di esempi di self-driving car, come questo, sempre di Waymo.
E in Italia, come ci stiamo preparando?
La risposta è semplice: non ci stiamo preparando.
Si veda, ad esempio, la difficoltà a digerire quello che è un anticipo del fenomeno: i servizi di Uber (e su un tema diverso, Airbnb).
La risposta non può venire che da una oculata e lungimirante regolamentazione, che tenga conto che da qui a 10, massimo 15 anni, il modello attuale dei taxi, per fare un esempio, non sarà più sostenibile in alcun modo. Con il rischio di caricare il problema sulla collettività, se si insiste a proteggere il modello attuale.
Qualche dato sui veicoli in Italia
Nello spirito degli Open data, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti mette a disposizione sul suo sito i dati di immatricolazione dei veicoli circolanti in Italia: un file in formato csv per regione, una riga per veicolo.
Chiunque può quindi scaricare i file e, armato di un minimo di programmazione (esempio: script unix), di un foglio di calcolo (Libre Office o Excel) e di buona pazienza, può farsi due conti.
Questa la situazione delle “AUTOVETTURE PER TRASPORTO DI PERSONE” sui dati scaricati oggi, che tengono conto delle immatricolazioni in Italia al 31 ottobre 2017, confrontando Lombardia e Campania.
Totale veicoli: 6.253.970 (Lombardia), 3.464.567 (Campania).
Classificazione per tipo di alimentazione:
Alimentazione | Lombardia | Campania |
---|---|---|
BENZ | 52.9% | 42.7% |
GASOL | 39.1% | 43.3% |
ELETTR | 0.02% | 0.004% |
IBRIDO BENZINA/ELETTRICO | 0.8% | 0.08% |
IBRIDO GASOLIO/ELETTRICO | 0.01% | 0.003% |
B/GPL | 5.9% | 11.4% |
Altro che self-driving, c’è ancora l’Euro 0!
Come si vede, il numero di veicoli elettrici circolanti è molto basso: 1.496 per la Lombardia e appena 149 per la Campania. Quelli a guida autonoma della Tesla sono, rispettivamente, 207 e 6.
Una curiosità: sui veicoli ad alimentazione elettrica, la maggior popolarità è per la Citroën, presente con 329 veicoli in Lombardia e 37 in Campania.
Un’ulteriore conferma del fatto che il parco veicoli italiano non è proiettatissimo al futuro è data dalla quantità di veicoli Euro 0 ancora circolanti: 6.9% in Lombardia e16.4% in Campania. I veicoli un po’ più recenti, quelli almeno Euro 4, assommano al 65.9% per la Lombardia e ad appena il 44.5% per la Campania.
Da notare che l’Euro 4 è stato introdotto nel 2005, quindi 13 anni fa, mentre sono classificati Euro 0 i veicoli prodotti prima del 1992, vale a dire ben 26 anni fa.
Una mesta conferma del ritardo dell’Italia e della sua classe politica arriva dalla campagna elettorale appena partita. Invece di trovare almeno un’espressione di sensibilità sul tema, vedo che a tener banco sono esperti di vaccini improvvisati, economisti della domenica che promettono fiscalità lieve e redditi per nullafacenti (purché con certificato di pura italianità), ovviamente ri-anticipando l’età pensionabile.
Oltre a interventi a caso, come quello sulla tassa di possesso TV o sulle tasse universitarie.
E intanto infiamma la discussione sul costo dei sacchetti per la frutta al supermercato. Altro che self-driving car.
Dov’è la visione che dovrebbe avere una classe politica? Siamo alla Follia.
Mi chiamo Pasquale Petrosino, radici campane, da alcuni anni sulle rive del lago di Lecco, dopo aver lungamente vissuto a Ivrea.
Ho attraversato 40 anni di tecnologia informatica, da quando progettavo hardware maneggiando i primi microprocessori, la memoria si misurava in kByte, e Ethernet era una novità fresca fresca, fino alla comparsa ed esplosione di Internet.
Tre passioni: la Tecnologia, la Matematica per diletto e le mie tre donne: la piccola Luna, Orsella e Valentina.
Potete contattarmi scrivendo a: p.petrosino@inchiostrovirtuale.it