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Nuovo appuntamento con lo spazio dedicato a Eco Internazionale. Come di consueto, cerchiamo di proporvi interessanti spunti di riflessione su tematiche particolarmente complesse e rilevanti. Oggi vogliamo passare la parola a Giusy Granà, che affronta la problematica del sovraffollamento delle carceri italiane, fenomeno stigmatizzato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2013, e dello sciopero della fame dei detenuti.
Un articolo di Giusy Granà
Lo sciopero della fame dei detenuti è la forma di protesta a disposizione dei reclusi più diffusa. Esso è inteso come mezzo di lotta alle condizioni disumane in cui questi sono costretti a vivere, soprattutto per la questione centrale del sovraffollamento carcerario. Prendendo come esempio il caso italiano, i detenuti condividono uno spazio così ristretto, meno di 4 metri quadri, da non rispettare gli standard minimi previsti dal Consiglio d’Europa. Nelle carceri italiane vi sono più di 54.000 detenuti, mentre i posti disponibili ammontano a circa 49.600.
Durante il governo Berlusconi è stato adottato il cosiddetto “Piano carceri”, per ristrutturare le vecchie strutture e ricostruirne di nuove, ma questo è fallito. Al Piano carceri è seguito il D.L. 23 dicembre 2013, n. 146 convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 2014, n. 10, e poi il D.L. 26 giugno 2014, n. 92 noto come decreto carceri convertito in legge 11 agosto 2014, n. 117.
La Corte europea dei diritti umani si è espressa a riguardo con la sentenza Torreggiani dell’8 gennaio 2013, con la quale l’Italia è stata condannata per la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani e pertanto tenuta a far fronte al problema del disfunzionamento del sistema penitenziario.
È per tal motivo, per far valere i diritti spettanti ai condannati, che il partito dei Radicali con la figura di Marco Pannella si è a lungo battuto per queste lotte senza fine. A sostegno dei detenuti, Marco Pannella ha infatti portato avanti per anni il suo sciopero della fame, in modo tale da porre la questione all’attenzione dei media nonché sensibilizzare i decisori politici affinché vengano novellate le leggi in materia.
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