L’attenzione di politica e media è sempre più focalizzata sulla legittima difesa, ma forse problemi e soluzioni sono diversi da quelli sollevati
Negli ultimi giorni si è riacceso – semmai si fosse spento – il dibattito sulla legittima difesa (soprattutto domestica): Matteo Salvini il 25 aprile era a Verona ad una manifestazione per propugnare l’introduzione della presunzione di legittima difesa; Matteo Renzi nel confronto per le primarie del PD ha detto che in merito “si deve fare di più”, mentre il responsabile PD per la giustizia Davide Ermini ha parlato delle varie proposte di legge sul tavolo per modificare l’istituto.
L’estensione della legittima difesa, non a caso, sta diventando la nuova frontiera delle promesse elettorali: mentre prima, nel manuale del perfetto politicante, alla voce “impegni da prendere in campagna elettorale” si trovavano solamente elementi quali l’abbassamento delle tasse e l’innalzamento del tasso di occupazione, ora nello stesso catalogo troviamo anche il miglioramento dell’articolo 52 del nostro codice penale e delle disposizioni che vi fanno riferimento.
Affrontare la tematica e tracciare i profili della legittima difesa va fatto anzitutto uscendo da quest’ottica di “votebaiting” propria del mondo politico e valutando profili più attinenti la prassi in materia. Si cercheranno quindi di prendere in considerazione la norma attuale e le diverse posizioni, esaminando pro e contro anche di quelle più estreme; da chi vorrebbe una concessione legislativa per poter impersonare Lucky Luke a chi invece, molto cristianamente, porgerebbe l’altra guancia e, perché no, il mento e la nuca.
A costo di risultare noiosi, è necessario partire dal dato normativo, citando proprio l’articolo 52, per farlo conoscere anche a chi non lo abbia mai letto:
“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.
Nei casi previsti dall’articolo 614 (violazione di domicilio, n.d.r.), primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
- la propria o la altrui incolumità;
- i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività professionale o imprenditoriale”.
La disposizione, già a una prima lettura, sembrerebbe molto chiara; tuttavia non si può sottacere la mancanza, nel nostro ordinamento, di una anche minima indicazione di casistica in cui la legittima difesa ricorra o meno; una sorta di linea-guida per il cittadino che, spesso, non è in grado neanche a priori di valutare la proporzionalità della propria difesa.
La grande critica, cavallo di battaglia di chi vorrebbe una presunzione di legittima difesa, riguarda le denunce con cui spesso si ritrova a fare i conti chi si è difeso nella propria abitazione. L’affermazione non è errata, ma sicuramente viene mal contestualizzata: come spesso accade quando si trattano fatti di cronaca, la narrazione di vicende inerenti casi di legittima difesa domestica si ferma all’apice del pathos, ossia al momento in cui chi si è difeso viene denunciato per lesioni e soprattutto per omicidio. Se si andasse oltre, però, si scoprirebbe che – spoiler – molto spesso i casi vengono archiviati o si concludono con l’assoluzione dell’imputato che si è legittimamente difeso.
Arrivati a questo punto della vicenda, però, la storia che alcuni cronisti e politici vogliono raccontare ha perso la propria presa sul pubblico; la parte del procedimento che porta all’assoluzione è il sequel sfigato di un film con un finale ben riuscito: lo rovinerebbe e comunque interesserebbe a pochi.
Alle stesse conclusioni si giunge in tema di sequestro di persona. Un altro timore ricorrente è quello di non poter bloccare in casa chi si è introdotto illegalmente nel proprio domicilio per consegnarlo alle forze dell’ordine, pena la denuncia per sequestro. Anche in questo caso, la vicenda si concluderebbe – altro spoiler – con un’archiviazione, sempre che i pubblici ufficiali siano avvisati senza indugiare e che nel frattempo l’intruso non sia violentato o torturato, dando vita ad una versione casalinga di “Saw – L’Enigmista”.
Qualunque problema dato da tempi processuali e certezza della pena, invece, risulta strutturale nel nostro ordinamento e non causato dalla legittima difesa, che ne risente come qualunque altra norma del codice penale.
L’irragionevolezza della presunzione di legittima difesa emerge anche dalla proposta del 2015 della Lega, in prima linea in questa battaglia. Il comma che vorrebbe aggiungere all’articolo 52 è il seguente:
“Si presume, altresì, che abbia agito per difesa legittima colui che compie un atto per respingere l’ingresso, mediante effrazione o contro la volontà del proprietario, con violenza o minaccia di uso di armi da parte di persona travisata o di più persone riunite, in un’abitazione privata, o in ogni altro luogo ove sia esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.
Per rendere l’idea di cosa consentirebbe una simile disposizione farò, sinteticamente, due esempi:
- due fidanzati litigano, uno dei due va a casa dell’altro per chiarire ma quest’ultimo non vuole il partner nella propria abitazione. Cerca comunque di entrare per spiegarsi contro la volontà del proprietario, che innervosito decide di sparare al compagno. La legge non punirebbe chi ha ucciso;
- un venditore porta a porta bussa al campanello cercando di concludere un affare. Il padrone di casa apre, il venditore, insistente e poco simpatico, cerca di entrare un attimo per spiegare la propria offerta. Dopo un paio di inviti ad andarsene, il padrone di casa si spazientisce e gli spara. La legge non lo punirebbe, i venditori porta a porta scomparirebbero e verrebbero a mancare altri posti di lavoro, in barba alle promesse elettorali di cui sopra.
Una proposta del genere, tornando seri, sarebbe dichiarata incostituzionale dalla Consulta alla prima occasione utile. Non molto meglio sta facendo il PD con la propria proposta di legge. Il partito di sinistra andrebbe a toccare non l’articolo 52, bensì il 59, che parla di circostanze non conosciute ed erroneamente supposte.
La legge prevede infatti che, se chi agisce ritenga erroneamente e senza colpa che sussista una causa di esclusione della punibilità, questa viene comunque valutata a suo favore. Classica applicazione pratica di questa regola: una persona spara, per difendersi, ad un’altra che impugnava un’arma giocattolo, convinto che questa sia vera. Chi ha sparato verrà assolto, sulla base di quella che viene chiamata legittima difesa putativa.
Il PD (almeno una sua parte) vorrebbe aggiungere a questa norma un’ulteriore ipotesi a favore dell’aggredito, data dal “grave turbamento psichico […] causato, volontariamente o colposamente, dalla persona contro cui è diretto il fatto.”
Onestamente non si capisce quale possa essere la portata di questo “grave turbamento psichico” e come possa essere dimostrato. Inoltre, con riguardo alla legittima difesa domestica, sono pochi i Rambo moderni che non rimangono scossi dall’intrusione di una persona nella propria abitazione. Quindi chi è lucidamente spietato nello sparare all’aggressore è punibile? Probabilmente questo elemento porterebbe ulteriori complicazioni interpretative, non aggiungendo niente di rilevante se non tanta confusione; sembra un contentino per quella rilevante fetta di popolo che invoca la possibilità di difendersi più incisivamente.
Come ben spiega il Professor Tullio Padovani, in realtà la legge sulla legittima difesa è scritta bene e permette di difendersi legittimamente senza ripercussioni penali. Come lui stesso afferma, andrebbe esaminata meglio la casistica in materia.
Per quanto riguarda invece il furto in abitazione, il fenomeno (come dicono gli ultimi rilevamenti dell’Eurostat, fermi al 2012) è in crescita, perciò l’unico modo per disincentivarlo sembra quello dell’inasprimento della pena prevista, considerando anche l’enorme impatto sociale e il danno psicologico che questo tipo di reato causa.
Un’altra proposta interessante ma poco sponsorizzata sembra essere – almeno a parere di chi scrive – l’inversione dell’onere della pena quando chi vìola il domicilio viene aggredito: dovrà essere quest’ultimo (o chi per lui) a dimostrare che non sussiste la legittima difesa, non chi ha subìto la violazione a portare le prove di aver agito in conformità con la legge, evitando così molte delle pretestuose denunce alle quali si è accennato precedentemente.
Il problema sembra riguardare più il numero dei furti in abitazione che la legittima difesa, però finché il tema porta voti è sempre meglio parlarne in toni allarmistici.
Consigli di lettura
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