Un’opera che spiega il cinema senza parlare di cinema
Oggi non scriverò di un film o di una serie tv, oggi voglio parlarvi di un racconto; un racconto edito nel 1907 e no, non sono impazzita! Cinematografo cerebrale è un’opera con più di un secolo che riesce a spiegare il cinema senza mai parlare di cinema.
Avete presente Edmondo De Amicis?
Ovviamente sì, il libro Cuore: i ragazzini e i loro drammi, gli orfani, i deboli, i prepotenti, la maestra che muore…
Ops, non sarà uno spoiler questo?
Un romanzo incredibilmente celebre, che con grande probabilità molti di noi sono stati costretti a leggere alle elementari. L’opera, senza dubbio, più conosciuta di De Amicis. Un’opera di immenso valore, intendiamoci, con un preciso scopo morale, quello di comunicare un chiaro messaggio di unità sociale agli italiani, cittadini di una nazione appena nata. Ma vi starete chiedendo che ci frega del libro Cuore? Beh! In effetti ci frega poco (è brutto dirlo?) di un romanzo per ragazzi pubblicato nel 1886.
Perdonami Edmondo! Confesso: il libro Cuore l’ho odiato.
Eppure non potevo che partire da questo per parlarvi di Cinematografo cerebrale. Sì, perché Edmondo De Amicis l’ho letto alle elementari e poi gli ho detto addio senza il minimo senso di colpa. Chi se lo accollava da ragazzina un libro Cuore 2 per scelta? Nessuno, ovvio!
Poi dopo anni, anni, anni e purtroppo ancora anni, mi sono ritrovata per caso a leggere De Amicis di nuovo, e boom l’illuminazione! Ho capito che non era solo uno che scriveva robe giuste e dal valore pedagogico a cavallo tra ‘800 e ‘900, no, era proprio uno ganzo, uno che cavolo, lo leggi negli anni 10 del 2000 e dici: cazzo! Almeno io l’ho detto. Sarà stato l’effetto sorpresa, non so, so solo che è stato amore a seconda vista.
Edmondo potevi dirlo prima che eri un ganzo!
Il cinematografo è nato da poco e anche in Italia, nel primo decennio del Novecento, l’attenzione per il nuovo mezzo di comunicazione è tantissima. C’è quasi una sorta di epidemia che colpisce l’invenzione letteraria, l’immaginazione e i modi della scrittura di autori noti e meno noti, come se l’effetto cinema producesse chiari segni di profonda novità in ogni ambito artistico.
Nel 1907 anche il nostro amatissimo Edmondo si lascia trasportare da quest’ondata di novità e pubblica, sulla rivista milanese L’Illustrazione Italiana, il racconto Cinematografo cerebrale.
Un racconto geniale, citato più volte da vari teorici del cinema, nonostante di cinema non parli per niente. La storia narra la vicenda di un uomo, abitualmente molto impegnato nelle proprie faccende quotidiane e non avvezzo a passare del tempo da solo con se stesso.
Il protagonista chiamato il Cavaliere, dopo aver accompagnato la moglie e le figlie al teatro, si ritrova ad avere ben tre ore libere e inizia a ingegnarsi su come farle scorrere velocemente; la prima opzione che la sua mente gli propone è quella di non pensare a niente, ma questa operazione si dimostra più complessa del previsto. Verificata l’impossibilità di svuotare la mente dai pensieri, si convince che la soluzione ideale è quella di pensare a qualcosa, magari concentrandosi esclusivamente su un pensiero piacevole.
Da lì in poi il Cavaliere sarà vittima di un turbinoso avvicendarsi di connessioni tra pensieri vicini e lontani nel tempo, in un meccanismo incomprensibile di associazioni mentali che sfugge completamente alla sua parte conscia.
Il protagonista del racconto di De Amicis si ritrova aggredito dalla sua stessa mente: attraverso una serie di pensieri e immagini inconsuete, scopre di covare in se stesso un io distante dalla propria concezione di sé, capace di azioni non propriamente nobili e lontano dalle convenzioni largamente accettate che regolano i rapporti sociali.
Il merito dello scrittore del celeberrimo Cuore, in questo racconto ironico e smaliziato, in cui il termine cinematografico appare esclusivamente nel titolo, è di conferire al cinema, attraverso la narrazione dell’esperienza del protagonista, degli aspetti ben delineati: l’indiscussa capacità di far emergere un universo sconosciuto e misterioso e la fortissima adiacenza ai meccanismi cognitivi e mnemonici non dettati dalla volontà.
È forse una pazzia intrattenersi coi propri pensieri?
Se lo chiede De Amicis verso la fine di Cinematografo cerebrale e finisco per chiedermelo anche io ogni volta dopo la visione di un film o di una serie tv che mi ha colpito particolarmente.
Quello che il cinema fa alla nostra mente non è forse una sorta di magia?
De Amicis con questo breve racconto, che vi consiglio assolutamente di recuperare, sembra mettere in scena, seppur sulla carta, le suggestioni che l’invenzione del cinematografo gli ha ispirato, delle suggestioni che ancora oggi risultano estremamente interessanti.
Nata nel pieno dei fantastici anni ’80 tra gli argentei ulivi pugliesi. Vedo più film e serie tv che persone! Per questo ho scelto di parlarne su Inchiostro Virtuale.