Pensate che le pietre siano tutte uguali? O, peggio ancora, che siano “solo” pietre? In Irlanda sono pronti a smentirvi! In che modo? Seguitemi: vi porto a Blarney!
Blarney (An Bhlárna, in irlandese) è un villaggio dell’Irlanda meridionale, 8 km a nord-ovest di Cork. Ci si arriva in circa venti minuti con l’auto, da Cork appunto, ma esistono diversi autobus e compagnie che effettuano tour giornalieri, con partenza anche da Dublino, Limerick o Galway.
Pur essendo un semplice “villaggio” è una delle mète più ambite dai turisti, che accorrono a frotte non solo per lo splendido paesaggio irlandese, ma anche per un castello che sembra uscito direttamente dal mondo delle fiabe, per i sessanta acri di giardini “fatati“, per la Blarney House e, soprattutto, per la Blarney Stone.
Iniziamo dal Castello…
Quello che si vede oggi è la terza struttura costruita sullo sperone roccioso del fiume Martin. Il primo edificio, nel decimo secolo, era una semplice struttura in legno, probabilmente utilizzata dai cacciatori. Intorno al 1210 fu sostituita da una costruzione in pietra che aveva l’ingresso a circa venti metri dal suolo, sul lato nord.
Quest’ultima venne poi demolita completamente nel 1446 per consentire a Cormac Laidir MacCarthy, lord di Muscry, di scavare le fondamenta per il castello così come lo si vede adesso.
… delle lusinghe
Il suo nome, che in inglese significa “lusinga”, nasce da un episodio storico del 1602. Elisabetta I, che reclamava la fedeltà del maniero alla corte inglese, inviò il conte di Leicester quale emissario. Cormac Teige MacCarthy lo accolse senza problemi, con la consueta ospitalità irlandese e, grazie alla sua parlantina sciolta, riuscì a “soddisfare” le richieste britanniche, senza in realtà concedere nulla. Tali affermazioni di lealtà imperitura furono ribadite tramite una missiva diretta alla stessa regina, la quale, dopo averla letta, pare abbia esclamato: “Non sono altro che lusinghe!” e, in aggiunta, “This is all Blarney: what he says he never means!“.
(Si tratta di un modo di dire inglese, translato in italiano sarebbe: “E’ tipico di/dei Blarney: ciò che dice non l’ha mai inteso”, N.d.A.).
L’esercito di Sua Maestà di fatto non riuscì mai a conquistare la roccaforte, che cadde invece nel 1646, vinta da Lord Broghill, il comandante di Oliver Cromwell. Broghill posizionò la linea di fuoco sulla collina di Card, di fronte e sopra il lago, sotto l’attuale palazzo, riuscendo a fare breccia nelle mura della torre. Tuttavia, quando i suoi uomini entrarono nella tenuta, trovarono solo due vecchi prigionieri: la guarnigione principale era infatti fuggita passando dalla grotta sotterranea situata sotto i merli, conosciuta come la Grotta Badgers. (E non scovò nemmeno il “gold plate”, il cosiddetto piatto d’oro, che s’aspettava di recuperare).
La leggenda narra che vi siano tre vie da trovare nell’oscurità oltre la grotta: una diretta a Cork, una verso il lago ed una che conduce a Kerry. A Blarney però sembra che i passaggi segreti siano difficili da scovare, quasi quanto l’oro.
La dinastia MacCarthys tornò nel castello nel 1661, in seguito alla restaurazione di re Carlo II sul trono inglese, fregiandosi del nuovo titolo “Conti di Clancarty“, e lo mantenne per circa trent’anni, salvo poi abbandonarlo definitivamente nel 1690 quando Donagh MacCarthy, quarto Conte di Clancarthy ed ultimo ad abitare il castello, fu catturato dal duca di Marlborough (un antenato di Churchill, N.d.A.) in seguito alla sconfitta nella battaglia di Cork.
La tenuta passò alla Hollow Sword Blade Company, che successivamente la vendette a Sir Richard Payne per 3.800 sterline ed infine arrivò nelle mani di Sir James St. John Jefferyes, governatore di Cork, nel 1703. Come era di moda in Irlanda in quel periodo, e per garantire alcuni comfort domestici, Jefferyes costruì un palazzo gotico contro la parete est del castello. La nuova struttura fu successivamente distrutta da un incendio, alcuni dicono di origine dolosa per una faida familiare sull’eredità.
L’ampliamento del sito
Uno dei discendenti di sir James ereditò la tenuta all’età di sei anni nel 1740 e s’impegnò attivamente per trasformare Blarney in un villaggio “moderno“. Dove prima c’era solo fango, fece prosciugare il terreno e seminare il verde. Fece poi aggiungere novanta case, con relativi giardini sul retro, tredici mulini ed una piccola chiesa con vista sul villaggio.
Nel 1767, St. John Jefferyes disegnò i giardini ornamentali della tenuta, in stile prettamente italiano, ed organizzò quello che poi fu chiamato Rock Close, piantando alberi tra le grandi rocce nella zona che, si narra, fosse un sito utilizzato dai druidi nei tempi preistorici. Grazie a queste migliorie il paesaggio iniziò fin da subito ad attirare i visitatori.
Il Blarney Castle ha torri circolari e bastioni imponenti, che si elevano fino a 30 metri dal suolo. Sono interessanti da visitare, ed ammirare, la “Great Hall” con l’enorme camino, la camera da letto del Conte e la “Young Ladies’ Room”. Ed ovviamente la Blarney Stone, di cui vi parlo più avanti.
Blarney House
Nel 1846 i Jefferyes si legarono per matrimonio alla famiglia dei Colthurst di Ardrum, possessori della maggior parte delle terre da Inniscarra, ad ovest di Blarney, fino a Ballyvourney. Dopo la precoce morte del figlio primogenito, Lady Colthurst chiese di costruire una nuova residenza a soli 200 metri a sud del grande castello, affacciata sul lago di Blarney.
La casa in stile baronale scozzese, che comprende anche un giardino murato privato ed un arboreto, fu progettata secondo i disegni di Sir Thomas Lanyon di Belfast che, piuttosto sorprendentemente, incorporarono nel design un certo numero di dettagli classici originari di Ardrum. Venne completata nel 1874 ed è attualmente una delle più eleganti fra le Grandi Case d’Irlanda, grazie anche alla recente ristrutturazione che l’ha riportata alla sua antica gloria.
Si tratta di una tipica struttura con pinnacoli, merlature e una profusione di torrette dai caratteristici tetti conici. L’interno offre una sala a doppia altezza, illuminata dall’alto, un paio di salotti interconnessi e una scala in legno massiccio. Le camere presentano alte finestre a vetri con vista sul lago. Ad oggi è la residenza di Sir Charles Colthurst ed è possibile visitarla solo nei mesi estivi.
Poison Garden
Il Giardino dei Veleni è nascosto dietro i bastioni del castello. All’ingresso un cancello ammonisce i visitatori, che entrano a proprio rischio e pericolo. Per evitare problemi con le piante più pericolose e tossiche (di alcune è sufficiente il solo profumo), si è provveduto a costruire apposite gabbie, anche se queste strutture contrastano col verde brillante tipico dei giardini irlandesi.
Qui si possono trovare piante velenose provenienti da tutto il mondo, tra cui l’aconito (o luparia), la mandragola (o mandragora, detta alla Hermione Granger), il ricino (nella sua parte più pericolosa, ossia la ricina, presente nei semi – grazie alla collega Jessica per la consulenza tecnica), il papavero da oppio e la cannabis (che non sono propriamente veleni, il termine corretto scientificamente è “sostanze stupefacenti”). La maggior parte di queste erbe sono etichettate con informazioni sulla loro tossicità e sugli usi tradizionali e moderni.
È bene sapere che queste piante, di cui ora conosciamo la pericolosità, una volta erano ampiamente usate come rimedio “medicinale” per tutti i tipi di disturbi. Il Giardino fu realizzato appunto come una sorta di “magazzino officinale“, a disposizione della famiglia e del villaggio.
Le Sette Sorelle
La leggenda racconta la storia di un famoso re di Munster, che una volta governò quelle terre, padre di nove ragazzi: sette femmine e due maschi. Arrivò il momento in cui il re dovette difendere le sue terre dalle mire di un rivale, capo di un clan avverso. Scese dunque in campo con l’esercito, alla cui testa, oltre al re, vi erano anche i due figli. La vittoria arrise al re, ma il prezzo da pagare fu alto: entrambi furono uccisi durante i combattimenti.
Rientrando al castello, l’esercito passò nelle vicinanze di un terreno sacro, dove i druidi anticamente celebravano i loro rituali, all’interno di un cerchio formato da nove pietre erette. In preda al dolore, il re ordinò ad alcuni uomini di abbatterne due, per commemorare per sempre i suoi due figli caduti.
Le Sette Sorelle sono tuttora in piedi e si trovano al centro di un giardino di erbe e fiori perenni, i cui colori, cangianti in base alle stagioni, fanno da contrasto alla tinta delle rocce, costante ed immutata nel tempo.
Wishing Steps
Poteva mancare, in un giardino “fatato“, un fac-simile di un pozzo dei desideri? A Blarney ci sono i “Gradini dei Desideri“. Situati all’interno di Rock Close, vi si giunge attraversando un arco di roccia calcarea, oltre il quale si trova questa scalinata.
La leggenda vuole che Wishing Steps siano il dono della strega di Blarney, quale ricompensa ai proprietari della tenuta (ed ai loro ospiti) per il permesso di raccogliere la legna per il fuoco e la cucina nel loro terreno.
Per “attivare” la magia non si usano le monetine: è necessario percorrere i gradini verso il basso, camminando all’indietro e possibilmente ad occhi chiusi. Se si riesce nell’intento, senza pensare nemmeno per un istante a null’altro che non sia il desiderio, questo si avvererà entro un anno.
Nota: essendo nelle vicinanze di una cascata, i gradini possono essere scivolosi, pertanto si raccomanda prudenza ai visitatori.
Blarney Stone: la Pietra dell’Eloquenza
Non c’è mai stata una pietra più baciata, Oh! Colui che la bacia sarà ricompensato con l’eloquenza, e potrà arrampicarsi alla camera di una dama, o diventare un membro del parlamento.
Francis Sylvester Mahony
La Cloch na Blarnan (Blarney Stone, in irlandese) non è altro che un blocco di calcare carbonifero, si dice incorporato da MacCarthy in persona nelle mura del castello durante la sua costruzione. Si trova incastonata proprio dove finisce la linea del tetto della roccaforte, in una nicchia esterna al cammino di ronda, fra le merlature del castello, a 29 metri di altezza.
Per baciarla bisogna appoggiarsi all’indietro, afferrandosi a una ringhiera di ferro, e sporgersi a testa in giù, sfidando le vertigini e la paura del vuoto sottostante (tranquilli, il tutto viene svolto sotto la supervisione e l’assistenza del personale addetto, N.d.A.).
Tradizione vuole che chiunque baci la Blarney Stone, riceva “the Gift of the Gab” (cioè il “dono dell’Eloquenza” o dell'”Adulazione“). Per oltre 200 anni la Pietra di Blarney è stata baciata da molti politici, scrittori famosi e star del cinema, tutti in cerca del dono dell’eloquenza. Tra i personaggi più conosciuti, fra i tanti che hanno baciato la pietra, si annoverano nomi come Winston Churchill, Oliver Hardy e Mick Jagger.
Alcune leggende
Nessuno mette in dubbio i poteri di questa pietra, in compenso le sue origini destano ancora numerosi dibattiti.
Una racconta che il masso venne portato in Irlanda dal profeta Geremia: sarebbe stato usato come guanciale da Giacobbe nel deserto, quando gli angeli gli apparvero in sogno. Una volta arrivata divenne la Lia Fail o “Pietra Fatale”, usata come oracolo dai re irlandesi, una sorta di “cappello parlante”.
Secondo altre fonti sarebbe una pietra portata in Irlanda dalla Crociate – la “Pietra di Ezel“, dietro la quale re David trovò rifugio su consiglio di Gionata mentre fuggiva dal suo nemico Saul.
Alcuni affermano che potrebbe invece trattarsi della pietra che Mosè colpì e da cui sgorgò l’acqua.
Si dice inoltre che sia stata il letto di morte di Santa Columba sull’isola di Iona.
Forse la leggenda più vicina alla verità storica è quella secondo cui venne portata in Irlanda dai Crociati, dopo averla sottratta in Terra Santa perché la ritenevano un oggetto dai grandi poteri.
Qualunque sia la verità sulla sua origine, e sul motivo del suo arrivo a Blarney, tutti concordano nell’affermare che fu un strega salvata dall’annegamento a rivelare i poteri della Pietra ai MacCarthys.
Siete dunque pronti a ricevere the Gift of the Gab?
Vi lascio con altre splendide immagini dei magici giardini di Blarney.
Se volete inoltre conoscere costi, orari e giorni di apertura, eventi in programma, oppure semplicemente organizzare una visita, vi consiglio di consultare il sito ufficiale (solo in lingua inglese, purtroppo)
Al prossimo viaggio!
Annalisa A.
Giunta qui sicuramente da un mondo parallelo e da un universo temporale alternativo, in questa vita sono una grammar nazi con la sindrome della maestrina, probabilmente nella precedente ero una signorina Rottermeier. Lettrice compulsiva, mi piace mangiare bene, sono appassionata di manga, anime e serie TV e colleziono Lego.
In rete mi identifico col nick Lunedì, perché so essere pesante come il lunedì mattina, ma anche ottimista come il “primo giorno di luce”.
In Inchiostro Virtuale vi porto a spasso, scrivendo, nel mio modo un po’ irriverente, di viaggi, reali o virtuali.
Sono inoltre co-fondatrice, insieme a Jessica e Virginia, nonché responsabile della parte tecnica e grafica del blog.
Mi potete contattare direttamente scrivendo: a.ardesi@inchiostrovirtuale.it