La recensione di Andor, la nuova serie targata Disney+
Ci sono opere con cui c’è amore a prima vista. Prodotti che, già solo dalle prime immagini, capisci essere il tuo pane. Poi ci sono invece quelli a cui non daresti un soldo bucato, che pensi essere operazioni superflue e non necessarie e che invece ti rapiscono, probabilmente anche per le inesistenti aspettative iniziali. È quest’ultimo il caso di Andor, serie ambientata nell’universo di Star Wars disponibile su Disney+.
La trama
Andor è lo spin-off di Rogue One, probabilmente il miglior film della saga da quando Star Wars è targato Disney. La pellicola racconta la coraggiosa operazione di un gruppo di ribelli finalizzata a recuperare i piani della Morte Nera, devastante arma a disposizione dell’Impero, al fine di poterla contrastare. Fra gli uomini in missione, vi è Cassian Andor (Diego Luna), uomo di spicco della ribellione.
Come facilmente intuibile, proprio quest’ultimo è il protagonista dell’omonima serie. Nonostante il diffuso apprezzamento della pellicola, Andor sembrava un prodotto buttato lì per fare numero e sfamare una fanbase vorace come quella di Star Wars, tuttora segnata dalla cocente delusione di Episodio IX, film che ha minato l’appeal del marchio Star Wars e che Disney sta cercando di far dimenticare attraverso le sue produzioni sulla propria piattaforma di streaming (mentre ancora non ha avuto il coraggio di tornare a proporre qualcosa al cinema). Di questi esperimenti, il più riuscito era sicuramente The Mandalorian (di cui si aspetta la terza stagione), ma questo titolo deve obbligatoriamente passare proprio ad Andor.
Star Wars in chiave adulta
La premessa narrativa non è particolarmente intrigante, visto che Andor vuole raccontare gli anni del suo protagonista (che sembrava aver poco da dire) precedenti agli eventi di Rogue One, mostrando la sua genesi come nemico dell’Impero. In effetti, la serie non vuole fare della componente narrativa il suo punto di forza. L’eccezionalità di Andor non sta in mirabolanti idee di trame e in sensazionali colpi di scena, ma in una capacità descrittiva e di scrittura totalmente inedita per Star Wars.
Andor prende l’immaginario creato da George Lucas e lo declina in chiave matura e adulta, ma non in maniera forzata né pretestuosamente autoriale. In decenni di storie di Star Wars abbiamo interiorizzato che l’Impero è il Male e abbiamo ricollegato la sua malvagità principalmente a quella del suo vertice, l’Imperatore Palpatine. Diamo per scontato che l’Impero sia sbagliato in quanto forma di governo non democratica e anacronistica, senza però aver mai approfondito gli effetti concreti della sua politica sul popolo.
Andor prende l’universo di Star Wars, lo svuota della sua componente più sognante e spensierata e ci mostra realmente cosa comporta un controllo imperiale e dittatoriale, in cui il sistema viene prima delle persone che lo compongono. Ci sono pochi Stormtrooper e sono stati svestiti da qualunque goffaggine e ilarità (soprattutto, hanno una mira decisamente migliore del solito); ci sono invece servitori dell’Impero spietati, che uccidono, torturano, sono corrotti, non guardano in faccia neanche ai propri compagni e sono pronti a prendersela con i più deboli.
Alcuni soggetti sono genuinamente malvagi e non sono meri esecutori delle volontà dell’Imperatore; non agiscono solo perché temono la reazione del loro potente e spietato leader, ma perché credono nell’Impero e nella sua concezione di giustizia. Qualcuno (come Syril Karn) ne subisce quasi innocentemente il fascino.
Una realtà ricca di sfaccettature
La serie non vuole limitarsi a raccontare una contrapposizione fra bianco e nero, ma vuole mettere in scena una realtà più sfaccettata e complicata. Per questo motivo ci sono imperialisti che sono vittime più che complici del sistema, mentre alcuni ribelli portano avanti i propri sacrosanti ideali in maniera discutibile, fra tradimenti e metodi oltremodo violenti e sleali (su tutti il machiavellico Luthen Rael, interpretato da Stellan Skarsgard). Lo stesso Cassian Andor non è un eroe senza macchia e senza paura, non è uno strenuo protettore della libertà e dei diritti umani; è un uomo che cerca di vivacchiare evitando l’Impero, che (almeno inizialmente) finirà per combattere più per contingenze e necessità che per convinzione.
Sembra quasi di vedere una messa in scena di quello che racconta il Professor Barbero quando parla di nazisti e partigiani: anche i partigiani hanno avuto fra le loro fila persone discutibili, come accade a qualunque fazione di qualunque guerra (è statisticamente inevitabile, d’altronde), ma questo non permette in alcun modo di riscrivere la storia né di giustificare le idee e le azioni dei nazisti. Solo accettando le complessità della realtà possiamo comprendere la storia e le dinamiche sociali ed evitare che vengano strumentalizzate.
Questo è solo uno dei tanti attualissimi temi che Andor porta avanti.
Il confronto fra sicurezza e libertà, i pericoli di uno Stato di polizia, il tema della situazione carceraria e dello sfruttamento dei detenuti (molto sentito negli Stati Uniti). Tutte queste sono tematiche non incidentali, ma centrali nella narrazione della storia. C’è una grande voglia di comunicare con gli spettatori andando oltre raggi laser e navi spaziali, c’è molto di più da trasmettere rispetto a una stantia morale sul Bene e sul Male.
Verrebbe da dire che Andor affronta l’attualità molto meglio di altri prodotti ambientati in contesti reali e non “in una galassia lontana lontana”. Anche per questo motivo, oltre che per una trama comunque discostata dal filone principale della mitologia di Star Wars, il prodotto è assolutamente godibile e consigliato anche a chi non abbia dimestichezza con la saga o, addirittura, non la sopporti.
Il confezionamento di tutto questo è poi di alto livello.
Detto del livello di scrittura, anche la fotografia è estremamente curata ed efficace, trasmettendo quell’alone di cupezza che la serie vuole comunicare; in alcuni passaggi sembra di vedere una trasposizione di Blade Runner più che di Star Wars. Inoltre, Andor dosa saggiamente gli effetti speciali, evitando di strafare visivamente e di cadere nelle stesse goffaggini di molte produzioni recenti. Dello stesso livello sono le musiche, calzanti e riconoscibili, pur rinunciando all’iconico motivo musicale di Star Wars.
Andor è un inedito per il franchise, una boccata di aria fresca che veniva chiesta da tempo, ma che nessuno aveva il coraggio di tentare. Forte di un cast di livello, la serie parla di temi di spessore in maniera concreta e mai vuota, senza mai cadere nella tentazione di lezioncine morali. Riesce a dimostrare che Star Wars ha tanto da dire anche allontanandosi da alcuni dei suoi elementi più iconici come jedi e spade laser. Non resta che attendere la seconda (e ultima) stagione e vedere se queste prime dodici puntate rimarranno un unicum o se il cerchio verrà chiuso degnamente.
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