Stando al motto presente nello stemma cittadino, Amalfi, la prima delle Repubbliche Marinare che andiamo a scoprire, “discende dai Padri dei Romani“.
Se ve lo siete perso, vi consiglio di leggere l’articolo introduttivo sulle Repubbliche marinare.
Le origini di Amalfi
Effettivamente le origini di Amalfi sembrano risalire al periodo romano, come attesta il rinvenimento di un ninfeo appartenente ad una villa probabilmente edificata ai tempi dell’imperatore Tiberio. Anche il toponimo ha origini latine e deriverebbe o da Melfi, città lucana d’origine dei profughi che approdarono sulle coste amalfitane, fondando la città, o dalla “gens Amarfia“.
Già sede vescovile nel 596, fece parte del ducato romanico-bizantino fino all’839, quando divenne una repubblica autonoma (la prima delle Repubbliche Marinare d’Italia, N.d.A.) governata prima da Conti eletti annualmente, poi da Prefetti ed infine da Duchi, che la trasformarono in una sorta di monarchia ducale. Il “Duca” in carica veniva eletto dai cittadini nel pubblico parlamento, o arengo.
Da questo momento in poi inizia la supremazia amalfitana nei commerci con l’Oriente e, in generale, nella gestione dei traffici commerciali in tutto il bacino del Mediterraneo, attraverso una fitta rete di insediamenti nei principali porti. Le navi mercantili amalfitane, cariche di legname, salpavano alla volta delle coste nord-africane, siriane, palestinesi e di Bisanzio, scambiandolo con oro, spezie, pietre preziose e stoffe. I commercianti amalfitani divennero in breve molto ricchi, tanto da attirare l’attenzione e l’inimicizia di nuove ed emergenti concorrenti, come Pisa e Genova.
Conquistata dai Normanni nel 1131 e saccheggiata dalle truppe pisane pochi anni dopo, Amalfi perse la sua autonomia anche se, dal punto di vista economico, l’imprenditoria si concentrò nella produzione della carta secondo il metodo arabo, nella lavorazione del ferro e della lana. Il declino coincise con la guerra tra Angioini ed Aragonesi e, in particolare, con una terribile tempesta (ma taluni parlano di un vero e proprio terremoto) che, nella notte tra il 24 ed il 25 novembre del 1343, inghiottì buona parte dell’antico porto della città. Divenuto feudo, fu governato da varie famiglie: Sanseverino, Colonna, Orsini e Piccolomini.
La storia turistica di Amalfi coincide invece con l’arrivo di viaggiatori del Nord-Europa all’epoca del Grand Tour quando, sul finire del XVIII secolo, partivano alla volta di tracce del passato e scorci dal gusto romantico. Da quel momento in poi Amalfi e, in generale, la costiera, venne riscoperta anche da personaggi famosi come località dove trascorrere le proprie vacanze.
Siti di interesse
Della storia marinara di Amalfi rimangono gli arsenali in muratura, utilizzati per la costruzione degli scafi delle galee di combattimento, il codice di diritto marittimo denominato “Tabula Civitatis Malphae“, che ebbe una grande influenza fino al XVII secolo, e la tradizione dell’invenzione della bussola ad opera di Flavio Gioia.
Ad essere onesti non è vero che gli amalfitani inventarono la bussola, importata in realtà dalla Cina, e pare che questo signor Gioia nemmeno sia mai esistito. Va però riconosciuto il merito di essere stati i primi ad utilizzarla e a diffonderne l’uso in Europa.
Vediamo ora, nel dettaglio, alcuni luoghi di maggior interesse da visitare.
La Cattedrale
Pensando ad Amalfi, una delle prime immagini che viene alla mente è la lunga e scenografica scalinata che porta alla Cattedrale di Sant’Andrea, che domina Piazza Duomo. L’originario impianto romanico è attualmente rivestito da una sontuosa veste barocca. Realizzata nel 987 dal duca di Amalfi Mansone I, presenta uno schema basilicale con transetto ed abside.
La facciata policroma, preceduta da un elegante portico, è dominata dal mosaico del timpano, il Trionfo di Cristo, opera di Domenico Morelli, i cui cartoni originali sono tutt’ora conservati presso l’omonima sala della sede municipale. All’interno è un tripudio di opere d’arte: un elegante soffitto a cassettoni, tele del XVIII secolo, un crocifisso ligneo del XIII secolo, una croce di madreperla proveniente da Gerusalemme, la fonte battesimale (una vasca di porfido proveniente da un’antica villa romana), due antiche colonne di granito egizio provenienti dalla vicina Paestum che sorreggono l’arco trionfale, colonnine tortili e amboni del XII secolo.
Nella cripta sono conservate le reliquie di Sant’Andrea da cui, sin dal 1304 trasuda una rugiada, la manna, raccolta in un’ampolla e dagli effetti taumaturgici. Uno degli elementi di maggior pregio sono senza dubbio le porte in bronzo, realizzate a Costantinopoli per volontà del ricco mercante amalfitano Pantaleone de Comite.
L’ingresso al Duomo è gratuito in determinati orari, ma con un minimo investimento (mi pare 3€) è possibile accedere all’intero complesso, che comprende il Chiostro del Paradiso, l’antica Cattedrale e la Cripta.
La Basilica del Crocifisso, adiacente al Duomo e, un tempo, comunicante, risale al IX secolo e fu realizzata su un preesistente edificio paleocristiano. Inizialmente dedicata alla Vergine Assunta e, successivamente, ai Santi Cosma e Damiano, è a tre navate divise da colonne che sorreggono archi leggermente acuti sui quali è posto un matroneo. Il restauro del 1931 ha eliminato le sovrastrutture barocche, restituendo l’originaria architettura romanica. Attualmente ospita il Museo d’Arte Sacra Diocesano.
Chiostro del Paradiso
Gioiello dell’arte arabo-normanna, il Chiostro del Paradiso nacque come cimitero nobiliare e fu realizzato tra il 1266 e il 1268 per volontà dell’Arcivescovo Filippo Augustariccio. Nel quadriportico gli archi a sesto acuto sono intrecciati e sorretti da coppie di esili colonnine, con sei cappelle tra cui spicca un bell’affresco attribuito alla scuola napoletana di Giotto.
Conserva alcuni sarcofaghi di epoca romana, uno trecentesco ed i resti dell’originaria facciata del Duomo.
Alle pareti del chiostro sono appesi reperti vari, tra cui affascinati mosaici in stile arabo-normanno e cosmatesco (XII-XIII secolo), con i classici colori bianco, verde e rosso (i colori delle virtù teologali: fede, speranza e carità, N.d.A.), arricchiti da qualche tessera d’oro e di smalto vetroso colorato. Si tratta di mosaici realizzati perlopiù con materiali di reimpiego, tra cui porfidi e marmi provenienti (o per meglio dire razziati!) da antichi siti.
Museo della Carta
Tra le tante cose, Amalfi è famosa per la produzione di un tipo di carta chiamata appunto Carta di Amalfi o Charta bambagina. La sua produzione iniziò probabilmente intorno alla prima metà del XII secolo.
Delle 16 originarie, solo le cartiere Cavaliere e Amatruda sono ancora in attività.
Il Museo della Carta è da annoverare tra le perle di Amalfi. Situato nella Valle dei Mulini, era in origine una delle antiche cartiere che produceva la pregiata carta. Al suo interno sono custoditi i macchinari e le attrezzature originali impiegate per la lavorazione a mano dei materiali. Sono tutt’ora perfettamente funzionanti, quindi perché non approfittarne ed assistere alla creazione di un foglio di carta?
Valle delle Ferriere
Potevamo concludere il viaggio senza prima fare una bella escursione? Con questo caldo vi propongo la Valle delle Ferriere, così chiamata per la presenza dei resti di antiche ferriere di epoca medievale. È una riserva naturale poco distante dal centro di Amalfi, che può essere comodamente raggiunta a piedi.
Le cascate e i fiumi che si incontrano lungo il cammino rendono il posto molto fresco e confortevole anche nelle calde giornate estive. La posizione strategica conferisce umidità all’ambiente e al tempo stesso lo protegge dalle correnti fredde provenienti da nord. Ciò ha permesso la conservazione di specie rarissime giunte fino a noi addirittura dall’era pre-glaciale. Tra queste spicca la felce gigante Woodwardia Radicans, individuata per la prima volta agli inizi del 1700, ed una dei pochi esemplari italiani.
In questo articolo vi ho parlato esclusivamente (e troppo brevemente) di Amalfi, ed è stato difficile perché tutta la zona, sia costiera che nell’entroterra, merita una visita, anche al di là del turismo “estivo“.
Vi aspetto al prossimo viaggio alla scoperta delle Repubbliche marinare. Next stop: Genova!
Annalisa A.
Giunta qui sicuramente da un mondo parallelo e da un universo temporale alternativo, in questa vita sono una grammar nazi con la sindrome della maestrina, probabilmente nella precedente ero una signorina Rottermeier. Lettrice compulsiva, mi piace mangiare bene, sono appassionata di manga, anime e serie TV e colleziono Lego.
In rete mi identifico col nick Lunedì, perché so essere pesante come il lunedì mattina, ma anche ottimista come il “primo giorno di luce”.
In Inchiostro Virtuale vi porto a spasso, scrivendo, nel mio modo un po’ irriverente, di viaggi, reali o virtuali.
Sono inoltre co-fondatrice, insieme a Jessica e Virginia, nonché responsabile della parte tecnica e grafica del blog.
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