Jennifer Aniston
Jennifer Aniston smentisce i rumors sull’ennesima presunta gravidanza e coglie la palla al balzo per spostare l’attenzione su una tematica ben più importante: l’immagine sessista e retrograda della donna che ancora domina la nostra società.

La scorsa estate Jennifer Aniston è stata oggetto di una questione controversa che ha, in men che non si dica, ossessionato tutto il mondo del web: una nuova presunta gravidanza. L’attrice, che il settimanale People ha incoronato come la donna più bella del mondo, ha da sempre quella che potremmo quasi definire una “colpa” per l’opinione pubblica: non ha figli.

Sono più di 10 anni infatti che i tabloid cercano di attribuirle gravidanze ad ogni “pancetta sospetta” e lei, stanca di questa storia, ha affidato una lettera aperta all’Huffington Post nella quale non solo ha dichiarato apertamente e senza mezzi termini di essere stufa di questi pettegolezzi, ma ha colto anche l’occasione per sparare a zero contro l’opinione pubblica e i messaggi sbagliati che vengono veicolati da questi articoli.

Nella lettera si legge:

Per la cronaca, non sono incinta. Sono solo stanca. Sono stanca dell’esame minuzioso condotto quasi come uno sport, dell’umiliazione quotidiana del corpo femminile celati sotto la maschera del “giornalismo”, delle notizie sulle celebrità. […] Se, in qualche modo, sono diventata un simbolo per alcune persone lì fuori, allora sono anche un esempio della prospettiva dalla quale noi, come società, guardiamo madri, figlie, sorelle, mogli, amiche e colleghe. La riduzione ad oggetti, il giudizio costante cui sottoponiamo le donne sono assurdi ed inquietanti. Il modo in cui vengo descritta dai media non è altro che il riflesso di come vediamo e dipingiamo le donne in generale, rifacendoci ad uno standard di bellezza distorto.

L’attrice passa poi a sottolineare come questi standard siano dannosi o poco realistici e come possano negativamente influenzare le giovani ragazze.

Stiamo accettando, e di buon grado, un messaggio allarmante: il messaggio che per essere belle le ragazze debbano essere incredibilmente magre, che per essere meritevoli di attenzioni debbano somigliare alle modelle e alle attrici che si vedono sulle copertine dei giornali. Le ragazze introiettano questi condizionamenti, integrandoli nella loro femminilità. Utilizziamo queste “notizie” sulle celebrità per perpetrare questa visione disumanizzante delle donne, basata unicamente sull’aspetto fisico, che le testate giornalistiche trasformano in una gara all’ultima speculazione.

E infatti non possiamo non soffermarci su questa oggettivazione della donna che riflette un ideale distorto della nostra società. Numerosi studi e indagini evidenziano come il corpo femminile venga mercificato e oggettivato in modo qualitativamente e quantitativamente diverso da quello maschile. La donna viene disumanizzata e il suo valore dipende solo dall’abilità di attrarre sessualmente.

Questa oggettivazione esterna conduce alla auto-oggettivazione: la prospettiva dell’osservatore esterno viene interiorizzata e si finisce per trattare se stessi come oggetti. Gli studi condotti sull’auto-oggettivazione e l’esposizione ai media hanno dimostrato che interiorizzare questi modelli e confrontare il proprio corpo con ideali magri riduce la percezione di benessere, aumenta i sintomi depressivi e i disturbi alimentari. La discrepanza tra il proprio aspetto e quello proposto produce una deviazione della percezione della “normalità”: più il canone è irraggiungibile più la differenza da questo sarà vissuta come un ostacolo insormontabile, fino a provocare l’insorgenza di stati ansioso-depressivi, atteggiamenti competitivi e rivalità rispetto alle donne non oggettivate.

La strada da percorrere è ancora lunga e lo dimostrano soprattutto le nuove strategie alla portata di tutti per modificare il proprio aspetto: dalla più drastica chirurgia al meno invasivo contouring facciale, da photoshop ad altre app utilizzabili per modificare le proprie foto prima di postarle su un social network. Il trattamento oggettivante riservato alla donna riflette e sostiene le discriminazioni che ancora sussistono nei confronti del genere femminile in ambito lavorativo, politico e sociale. La donna deve essere, se possibile, una super donna: bella, magra, moglie, madre e in carriera. Altrimenti che donna è? Incompleta.

Ed ecco che mi ricollego all’ultima parte della lettera aperta della Aniston: la questione maternità. L’attrice non ha mai negato il suo desiderio di essere madre ma ecco come risponde:

Sì, forse un giorno sarò madre e, visto che sto mettendo le cose in chiaro, se e quando succederà sarò la prima a farvelo sapere. Ma non sono alla ricerca della maternità perché mi sento incompleta, come la nostra cultura dello scoop vorrebbe farci credere. Non sopporto il fatto che vogliano farmi sentire “da meno” perché il mio corpo sta cambiando e/o perché ho mangiato un hamburger a pranzo, sono stata fotografata da un’angolazione strana e, per questo, “condannata” ad essere una delle due cose: “incinta” o “grassa”.

Personalmente mi unisco a questo attacco alla concezione della donna che per essere completa deve essere necessariamente madre o compagna. Lungi da me il voler criticare o svilire chi cresce con il desiderio di essere madre e chi ne fa una ragione di vita, ma trovo assurdo che ci sia ancora una concezione così retrograda e sessista della donna che viene considerata “meno donna” perché non sposata o non madre. E trovo che non ci siano parole migliori di quelle con cui si è espressa l’attrice:

Ed ecco quello che ho da dire sull’argomento: siamo complete con o senza un compagno, con o senza un bambino. Siamo noi a decidere ciò che è bello quando si tratta del nostro corpo. La decisione è nostra, soltanto nostra. Prendiamo questa decisione per noi stesse e per le giovani donne del mondo che ci vedono come esempio. Prendiamo questa decisione in maniera consapevole, isolando il chiacchiericcio scandalistico. Non dobbiamo per forza essere mogli e madri per essere complete. Siamo noi a decidere il nostro e vissero felici e contente.

Non dobbiamo e non possiamo fare tutti gli stessi percorsi di vita o essere destinati alle stesse cose. Dobbiamo accettare che c’è chi nasce per fare il medico, chi il pilota, chi l’insegnante. Così dobbiamo accettare anche che una donna possa avere il desiderio di essere madre, come non averlo, sentirsi completa con un uomo o una donna o bastarsi da sola. Per non parlare del diverso modo in cui vengono etichettati un uomo celibe e una donna nubile, o un uomo senza figli e una donna senza figli. Ma iniziare un discorso sulla ancora lontana parità dei sessi richiederebbe troppo tempo. Il mondo è già abbastanza difficile per le donne che vogliono fare carriera e sono costrette a lavorare il doppio per essere considerate brave la metà, non c’è bisogno di caricare il genere femminile di un altro peso così grande.

Quel che si vuole sottolineare qui è che non è l’aspetto, la bilancia, lo stato civile o la maternità a fare di una donna, una donna.

Scritto da:

Virginia Taddei

Avvocato e redattrice, nonché co-fondatrice di Inchiostro Virtuale.
Potete contattarmi inviando una mail a v.taddei@inchiostrovirtuale.it