La “abortion ban”, che prevede un divieto quasi totale dell’interruzione di gravidanza, approvata martedì dal Senato dell’Alabama, dopo la firma dalla Governatrice Kay Ivey è legge ed entrerà in vigore tra sei mesi.
Abortion ban: cosa comporta?
La abortion ban approvata in Alabama prevede la possibilità per una donna di abortire solamente in presenza di un grave rischio per la sua salute o in caso di “anomalia letale” del feto. Viene ora vietato l’aborto in caso di incesto o di stupro.
Al di fuori di questi casi, i medici che proveranno a praticare l’interruzione di gravidanza rischieranno di essere condannati a 10 anni di carcere, che saliranno a 99 anni nel caso in cui l’operazione vada a buon fine, mentre la donna che si sottopone ad aborto non sarà considerata penalmente responsabile.
La Governatrice Kay Ivey ha twittato:
Oggi ho firmato l’Alabama Human Life Protection Act. Per molti sostenitori del disegno di legge, questa legislazione rappresenta un potente testamento per la profonda convinzione degli abitanti dell’Alabama che ogni vita è preziosa e che ogni vita è un dono sacro di Dio.
L’Alabama è uno Stato notoriamente molto conservatore e il disegno di legge è passato in Senato grazie ai voti di 25 senatori repubblicani, tutti uomini.
L’abortion ban potrebbe arrivare alla Corte Suprema
La legge potrebbe finire all’esame della Corte Suprema, che dovrà pronunciarsi sulla sua costituzionalità.
Oggi, dei nove giudici della Corte suprema cinque hanno un orientamento conservatore, due dei quali sono stati recentemente nominati dal Presidente Trump.
I promotori della abortion ban, infatti, puntano proprio alla Corte Suprema per tentare di rovesciare la storica sentenza “Roe contro Wade”, che nel 1973 legalizzò l’aborto a livello federale.
Alla deputata repubblicana dell’Alabama, Terri Collins, sponsor della proposta di legge, che ha dichiarato:
Il nostro disegno di legge dice che il bambino nell’utero è una persona.
Ha risposto Staci Fox, dell’associazione Planned Parenthood Southeast Advocates, affermando che si tratta di un:
Giorno oscuro per le donne in Alabama e in tutto il Paese. I politici dell’Alabama vivranno per sempre nell’infamia per questo voto.
Sulla scia di quanto accaduto in Alabama, anche il Missouri si allinea alla nuova politica sull’aborto e diventa il quinto Stato americano quest’anno, dopo Kentucky, Mississippi, Ohio e Georgia, ad adottare una abortion ban, chiamata “heartbeat bans“, basata sulla scoperta dell’esistenza di battito fetale a sei settimane di gravidanza.
La legge, che deve essere approvata dal governatore Mike Parson, vieta l’interruzione della gravidanza dopo le sei settimane, fuori dai casi in cui questo costituisca un rischio per la vita della madre.
Le leggi sull’aborto nel mondo
La legislazione sull’aborto, inteso come interruzione volontaria di gravidanza, è estremamente variegata nel mondo.
Sono tanti gli elementi che storicamente hanno influito sui vari percorsi legislativi in merito all’aborto, da quelli religiosi a quelli etici, passando per quelli di natura politica.
Sono 61 i Paesi in cui l’aborto è sempre permesso, entro un certo periodo di tempo, mentre quelli in cui è vietato in ogni circostanza sono cinque, tra i quali spiccano Città del Vaticano e Malta.
In Europa troviamo severe limitazioni al diritto di interruzione di gravidanza in Liechtenstein, Andorra e Irlanda del Nord così come in Finlandia, Polonia, Islanda e Monaco. Recente la conquista dell’aborto per l’Irlanda: un referendum del 2018 ha cancellato il divieto di aborto dalla Costituzione, uniformando la legislazione in materia a quella del Regno Unito.
In Italia l’aborto è legale dal 1978, quando fu approvata la legge 194 che prevedeva l’abrogazione degli articoli del codice penale riguardanti i reati d’aborto, ed è possibile interrompere la gravidanza entro 90 giorni dall’inizio della gestazione oppure tra il quarto e quinto mese per motivi di natura terapeutica.
I Paesi con le leggi più restrittive sull’aborto
In molti Paesi del Sud America, dell’Africa, del Medio Oriente e del sud-est asiatico l’aborto è strettamente limitato dalla legge.
Angola, Egitto, Gabon, Guinea-Bissau, Madagascar, Senegal, Iraq, Laos, Isole Marshall, Filippine, Repubblica Dominicana, El Salvador, Haiti e Nicaragua sono solo alcuni dei Paesi in cui l’interruzione volontaria di gravidanza non è consentita nemmeno nel caso in cui la vita della gestante sia in pericolo.
Permesso, invece, in caso di pericolo di vita per la madre in Nigeria, Somalia, Libia, Sudan, Afghanistan, Bangladesh, Paraguay, Venezuela e Indonesia.
Consentono l’aborto in caso di stupro e malformazioni del feto, fra gli altri, Nuova Zelanda, Algeria, Eritrea, Gambia, Namibia, Seychelles, Sierra Leone, Israele, Colombia, Giamaica, Messico, Cile e Panama.
Legalizzare l’aborto riduce la mortalità delle donne
Numerosi studi dimostrano che, nei Paesi con una legislazione meno restrittiva sull’aborto, viene ridotto il rischio di mortalità delle donne.
L’abortion ban, infatti, non ferma l’aborto, lo rende solamente illegale, ma questo continuerà ad essere praticato in maniera clandestina e, quindi, pericolosa.
L’aborto illegale, infatti, è una delle cause più comuni di mortalità. E l’aborto è pericoloso solamente laddove è illegale. Pertanto, rendere illegale l’aborto, porterà inevitabilmente e solamente a maggiori rischi per la vita delle donne.
Avvocato e redattrice, nonché co-fondatrice di Inchiostro Virtuale.
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