Alfonsina Strada

Alfonsina Strada è stata la prima donna a partecipare al Giro d’Italia, in un’epoca in cui le disparità di genere erano estremamente accentuate

Il 6 aprile 1924 le elezioni politiche che si tengono in Italia prevedono il diritto di voto per i soli cittadini uomini maggiorenni. Il dato relativo alla composizione prettamente maschile del corpo elettorale (che premierà Benito Mussolini) non serve tanto a sottolineare – se mai ce ne fosse bisogno – l’arretratezza della società italiana nel primo dopoguerra, quanto piuttosto spiegare l’eccezionalità di quanto sarebbe accaduto un mese dopo. Il 10 maggio, infatti, prende il via la dodicesima edizione del Giro d’Italia e, fra i partecipanti, c’è una donna (anche se inizialmente in pochi lo sanno): il suo nome è Alfonsa Rosa Maria Morini, sposata al signor Strada e conosciuta semplicemente come Alfonsina Strada. La strada che ha portato questa donna a partecipare alla più importante competizione ciclistica della nostra penisola parte da lontano.

L’infanzia

Il colpo di fulmine fra Alfonsina e le due ruote scocca quando lei ha solo 10 anni, nelle campagne di Castenaso: nel 1901 papà Carlo, umile uomo dell’entroterra emiliano, porta a casa una bicicletta. Il veicolo ricevuto dal signor Morini è piuttosto malandato, ma non abbastanza per non svolgere il proprio compito; tanto basta per far innamorare la piccola Alfonsa di quel moderno mezzo di trasporto.

Le giornate della secondogenita della famiglia Morini da quel momento vengono scandite da infinite pedalate per le strade delle campagne emiliane. Quando può, prende parte a gare locali con altri ragazzi; se le ragazze non sono ammesse in qualche competizione, lei si camuffa da maschio pur di poter gareggiare.

I genitori sono un po’ imbarazzati da quella figlia che sembra essere posseduta non appena vede due pedali e due ruote (non a caso le viene affibbiato il soprannome di “diavolo in gonnella”). Alfonsina è consapevole della contrarietà dei genitori per la sua passione ciclistica e per questo tante volte va a gareggiare clandestinamente.

“Mamma, papà, vado a messa!” Questa è la bugia più frequentemente utilizzata. Bugia che non serve più nel momento del suo trasferimento a Torino nel 1907: in quella città non è così anomalo vedere gare di ciclismo fra donne. Nessuna vergogna e nessuno sguardo strano per le donne che praticano la nobile arte del ciclismo.

L’inizio della carriera ciclistica

Proprio nella capitale piemontese la carriera ciclistica di Alfonsina decollerà. Una serie di gare e di vittorie la porteranno ad essere ritenuta la miglior ciclista del mondo. Prende parte a competizioni tanto con uomini quanto con donne. Non importa chi siano i suoi avversari, l’importante è salire sulla sua bici e pedalare. L’apice di questa sua prima parte di carriera, forse, è rappresentato dal record mondiale di velocità femminile fatto registrare a Moncalieri, facendo rilevare una velocità di punta di 37,192 km/h.

La carriera della nostra eroina trova un punto di svolta definitivo nel 1915, per motivi che non riguardano l’ambito strettamente sportivo. L’anno in questione ha luogo il matrimonio col signor Luigi Strada, primo marito di Alfonsina (nel 1950, rimasta da tempo vedova, si sposerà con Carlo Messori, ex ciclista). Non sarà tanto la forza dell’amore a dare nuova forza alla donna, già di suo abbastanza tenace, quanto piuttosto il supporto incondizionato del marito.

Laddove prima c’era il biasimo dei genitori per quell’attività che, secondo loro, poco si confaceva a una signorina, adesso c’è l’approvazione e l’appoggio totale del compagno. Testimonianza di ciò è il regalo di nozze di Luigi alla sposa: una bici nuova. Troppo semplice fare il regalo giusto ad Alfonsina.

Il Giro di Lombardia

Il 1915, però, è soprattutto l’anno che vede l’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Fra i vari effetti collaterali, che il conflitto porta con sé, vi è inevitabilmente una desertificazione degli eventi sportivi. Il campionato di Serie A, per esempio, non verrà disputato, dal 1919 al 1920. Stessa sorte tocca al Giro d’Italia. L’Italia, però, non riesce a rinunciare all’epica del ciclismo, così si continuano a disputare una serie di competizioni minori, fra cui il Giro di Lombardia.

È proprio questa la prima competizione maschile di un certo livello alla quale Alfonsina Strada prende parte; gli organizzatori, infatti, per via della penuria di atleti iscritti decidono di accettare l’iscrizione di un’esponente del gentil sesso. La ciclista emiliana arriva con un’ora e mezza di ritardo rispetto ai primi, nel gruppetto di coda composto da lei, Sigbaldi ed Augé; molti corridori non riuscirono a completare la gara.

La classifica della gara, però, al netto di alcuni epiteti poco eleganti rivolti all’unica donna in gara, viene oscurata dall’ammirazione che gran parte del pubblico e dei corridori dimostrano per la signora Strada. Primo fra i suoi ammiratori Girardengo, il campione al quale De Gregori ha dedicato una sua celeberrima canzone.

Alfonsina è lanciata e l’anno successivo prende nuovamente parte al Giro di Lombardia. A questo punto il sogno è uno solo: il Giro d’Italia.

Alfonsina al Giro d’Italia

Dal 1919, come anticipato, la massima competizione ciclistica italiana riprende il suo regolare svolgimento. La signora Strada, forte delle sue partecipazioni al Giro di Lombardia e della simpatia di alcuni addetti ai lavori, chiede di iscriversi al Giro, ma la sua richiesta viene respinta.

La miglior ciclista del mondo, però, non demorde e continua ogni anno a chiedere di partecipare al Giro. D’altronde non chiede niente di particolare: chiede di condividere il punto di partenza con i colleghi dell’altro sesso, nessun trattamento di favore.

L’anno buono è il 1924. In barba a quel romanticismo che pensiamo abbia sempre contraddistinto lo sport nei decenni passati, i corridori e gli organizzatori, fra cui alcune firme de “La Gazzetta dello Sport”, non trovano l’accordo sui compensi: i primi vogliono una quota fissa per la partecipazione, i secondi dicono che ci sono già premi sufficienti in palio. Molti corridori non accettano le condizioni poste e disertano il giro.

A quel punto gli organizzatori devono trovare un modo per portare interesse intorno al Giro. Emilio Colombo della “Gazzetta”, grazie al suo fiuto giornalistico (che negli anni gli permetterà di coniare fortunati epiteti quali “Derby della Madonnina” o “Derby d’Italia” in ambito calcistico), identifica quella che potrebbe essere la notizia che fa al caso loro: la partecipazione di una donna al Giro d’Italia.

Gli organizzatori permettono quindi ad Alfonsina di partecipare. Quando la Gazzetta diramerà l’elenco dei partecipanti, non si sa se per un refuso o per una volontà mirata, comparirà il nome di “Alfonsin Strada” e addirittura Il Resto del Carlino riporterà il nome di Alfonsino Strada nella propria lista di concorrenti.

La vocale finale non cambia comunque il fatto che quella con il numero 72 sia una donna, che vende cara la pelle più di molti concorrenti maschi. La signora Morini in Strada nelle prime tappe terrà egregiamente il passo dei colleghi; la tappa migliore è quella Genova-Firenze, doveva arriverà con un ritardo di soli quarantacinque minuti, issandosi al cinquantesimo posto.

Il percorso di Alfonsina prosegue lineare fino all’ottava tappa, quella L’Aquila-Perugia. Qui un clima estremamente avverso, nonché i problemi di praticabilità delle già dissestate strade del tragitto, le impediscono di arrivare entro il tempo massimo consentito.

Colpo di scena per Alfonsina Strada

Emilio Colombo, però, ha percepito la curiosità e l’affetto crescente per quella sorta di amazzone in bicicletta e, scontrandosi con gli altri organizzatori della corsa, permise ad Alfonsina di continuare il Giro (seppur come non classificata), prendendo a suo carico le spese necessarie per consentirle di gareggiare.

Alla fine del Giro 1924 avrà ragione Colombo: la signora Strada sarà acclamata e lo scherno, che in parte aveva accompagnato la sua iscrizione, lascerà definitivamente il posto ad ammirazione, entusiasmo e affetto.

Quello del ’24 sarà l’unico Giro di Alfonsina, che comunque non abbandonerà mai la bicicletta: si esibirà con essa in alcuni circhi francesi e all’età di 47 anni farà segnare il record femminile di chilometri percorsi nell’ora (35,28 km/h). L’ultima gara alla quale prenderà parte sarà una corsa per veterani nel 1956 (a 65 anni), anche questa vinta.

Non che sia importante. La lezione di Alfonsina al mondo, se non si fosse capito, va ben oltre il mero risultato sportivo.

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Scritto da:

Lorenzo Picardi

Avvocato e pubblicista, non giudicatemi male. Per deformazione professionale seguo qualunque fatto d'attualità. Non sono malato di sport, mi limito a scandire i periodi dell'anno in base agli eventi sportivi. Ogni tanto provo a fare il nerd, con risultati alterni.
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