(Ri)scopriamo il cult fantascientifico di Wolf Rilla
Il villaggio dei dannati è una tra le più celebri pellicole britanniche di fantascienza-horror, diretta da Wolf Rilla nel 1960. Il film è ispirato al romanzo I figli dell’invasione del 1957 di John Wyndham e racconta le spaventose e surreali vicende di una piccola e tranquilla cittadina inglese. La scena iniziale ci presenta il protagonista, Gordon Zellaby, che mentre parla al telefono improvvisamente perde i sensi, interrompendo bruscamente la chiamata. Questo l’incipit che sceglie il regista per portare lo spettatore verso lo svelamento dell’inquietante avvenimento iniziale: nello stesso arco di tempo in cui Zellaby è rimasto incosciente, tutti gli abitanti e gli animali presenti nei confini del paese subiscono la stessa sorte.
La storia (con spoiler) de Il villaggio dei dannati
Ma veniamo al dunque: cosa è successo in questo tranquillo paesino? La vicenda dello svenimento collettivo cattura subito l’attenzione dell’esercito, che proverà invano a trovare una spiegazione plausibile. Qualche tempo dopo l’accaduto, rimasto inspiegabile, la comunità tornata alla normalità si ritrova ad affrontare un nuovo inquietante evento misterioso (chiaramente legato al primo) che segnerà il destino di ogni abitante: tutte le donne fertili scoprono di essere incinte. Brutta faccenda… che oltretutto assomiglia molto ad un mio incubo ricorrente!
Dopo nove mesi vengono alla luce dei bei bambini sani e particolarmente robusti; sembrano perfettamente normali, ma hanno uno sguardo oscuro e le unghie molto più strette della norma. Ben presto verrà fuori che questi piccoli stronzetti dall’anomala (ma tanto trendy) chioma biondo platino hanno poteri paranormali, riescono a comunicare col pensiero tra di loro, sono dotati di un’intelligenza di gran lunga superiore alla media e sono assolutamente anaffettivi. Grazie ai loro poteri telepatici captano i pensieri altrui e influenzano i comportamenti di chi li circonda, usando il loro potere malevolo contro chiunque provi a contraddirli, arrivando a indurre al suicidio i nemici più ostinati. Insomma, ci troviamo di fronte a un’insolita, crudele e raffinata baby gang anni ’60 dall’origine ignota.
L’ipotesi più plausibile per spiegarsi queste strane creature è che si tratti di progenie aliena, fatta nascere sulla terra per poter manipolare gli esseri umani. A questo punto, valutando la gravità della questione, tutti sono d’accordo con l’idea di far fuori i bambini-alieni, ma il nostro protagonista, il signor Zellaby, vuole dare ai piccoli stronzetti un’ultima possibilità, così istituisce una scuola apposita, cercando di incanalare i loro poteri verso la moralità e il bene. Che ve lo dico a fare… I biondissimi non si lasceranno incanalare per niente, essendo totalmente estranei al concetto di morale.
Il film, girato in un elegante bianco e nero, è un grande classico incredibilmente celebre, quindi senza pietà per chi se lo fosse perso svelerò il finale: quell’illuso di Zellaby, in preda ai sensi di colpa per le morti che avrebbe potuto evitare uccidendo prima i baby alieni, decide di diventare martire ed eroe. Nasconde una bomba nella sua borsa e si reca a scuola, dove sono riuniti tutti i bambini. Gordon, consapevole di non poter ingannare questi esseri diabolici, che sono in grado di leggere nel pensiero, è costretto a farsi esplodere con loro e così mette fine all’imminente pericolo per l’umanità. Boom! The end!
Il villaggio dei dannati è una sorta di lotta generazionale, ma senza vincitori. Un film prodotto a basso budget e senza l’ausilio di particolari effetti scenici che riesce a coinvolgere gli spettatori in una crescente inquietudine. Il regista esamina brillantemente la paura di tutta un’epoca per un futuro ignoto, dettato da un avanzamento tecnologico sempre più veloce e da equilibri internazionali precari; mette in luce il terrore degli adulti di non essere in grado di lasciare alle generazioni future i mezzi e gli strumenti adatti per affrontare il nuovo che incombe. Paure e angosce in cui è incredibilmente facile ritrovarsi anche ai nostri giorni. A chi non sembra ogni tanto di vivere in un “villaggio dei dannati”?
Il film di Wolf Rilla, nonostante abbia ormai più di mezzo secolo, è in grado ancora oggi di tenere incollati allo schermo gli spettatori, una pellicola dal fascino senza tempo che riesce a far riflettere e a intrattenere con elegante semplicità.
Qualche curiosità
Il villaggio dei dannati ha avuto un seguito, La stirpe dei dannati (Children of the damned, 1963) di Anton Leaderm, e un remake, Villaggio dei dannati (John Carpenter’s village of the damned, 1995) del celebre regista statunitense John Carpenter, che ha ambientato la storia in una cittadina costiera della California. Nella versione del 1995, il regista sceglie di rimanere abbastanza fedele al classico della fantascienza inglese, ma lascia uno spiraglio di speranza con la sopravvivenza di uno dei piccoli alieni, che finisce per accettare il proprio lato umano.
A riprova che Il villaggio dei dannati sia un grande cult è stato inoltre citato nell’episodio de I Simpson Schermaglie tra generazioni. Nella puntata in questione viene proiettato al drive-in il film L’insanguinamento, una chiara parodia del film di Wolf Rilla.
Nata nel pieno dei fantastici anni ’80 tra gli argentei ulivi pugliesi. Vedo più film e serie tv che persone! Per questo ho scelto di parlarne su Inchiostro Virtuale.
L’ho visto per la prima volta in una di quelle “notti horror” in tv. È un film ben fatto, nonostante in alcuni punti del film cada di mordente. Il finale è la parte più avvincente. Il seguito “La stirpe dei dannati” non ha paragone, secondo me tecnicamente inferiore. Non viene mai spiegato l’origine dell’intelligenza aliena dei ragazzini, resta sempre sospesa e incerta.
Il remake, beh, lasciamolo nello scaffale! La storia risulta fredda e incapace di trasmettere emozioni. La tensione latita e dopo un po’ la vicenda comincia a perdere completamente di interesse.
In tutta franchezza preferisco il film del 1960, ha un suo perché e resta nalla memoria.