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“L’occupazione protratta e gli attacchi peggiorano di oltre il doppio i disturbi psicologici rispetto ad altri conflitti. Parliamo di trauma collettivo permanente”.

Milano, 21 agosto 2025.Netanyahu va fermato: colpire Gaza e spezzare la Cisgiordania significa cancellare il futuro di un popolo al 50% formato da minorenni. Le notizie di oggi hanno un filo unico: l’avvio dell’assalto a Gaza City, dove vivono oltre un milione di persone, e l’approvazione di 3.400 nuove abitazioni per coloni nel cuore della Cisgiordania.

Da una parte si bombarda il presente, dall’altra si spezza la geografia per evitare che ci sia continuità territoriale e, di conseguenza, la possibilità che un giorno nasca uno Stato palestinese. Il ministro Smotrich lo ha detto senza esitazione: l’idea di uno Stato palestinese è cancellata dal tavolo. Ma cancellare uno Stato significa cancellare anche l’identità di un popolo e, con essa, la salute mentale di milioni di bambini.

Oggi quasi la metà della popolazione palestinese ha meno di 18 anni. A Gaza, secondo dati ospedalieri, il 90% dei bambini manifesta segni clinici di trauma psicologico: incubi, mutismo selettivo, regressioni comportamentali, ansia cronica. Non parliamo più di “rischio” di PTSD, ma di una condizione di trauma collettivo permanente. I giovani che crescono accanto a checkpoint e insediamenti israeliani sviluppano più ansia, depressione e traumi: l’occupazione colpisce prima di tutto la mente”, ha dichiarato Damiano Rizzi, psicologo clinico e Presidente di Soleterre.

La doppia decisione di queste ore — bombardare Gaza e colonizzare la Cisgiordania — equivale a negare contemporaneamente il presente e il futuro. È la violazione costante dei diritti dei minori: al gioco, all’istruzione, alla protezione, alla cura. È come dire a un bambino che non avrà mai diritto a crescere.

Le ricerche lo confermano: vivere senza prospettiva di autodeterminazione — come nel caso dei bambini palestinesi sotto occupazione prolungata e frammentazione territoriale — produce ansia, depressione e sintomi apparentemente post‑traumatici in proporzioni fino a tassi doppi rispetto a contesti di guerra non protratta (da nostri studi e dalla letteratura scientifica BMC Psychiatry 2024). Qui il trauma diventa continuo, collettivo e identitario.

Ecco perché è fondamentale dirlo con chiarezza: riconoscere uno Stato palestinese oggi è pura propaganda se prima non si creano le condizioni reali affinché quello Stato possa nascere. Condizioni che partono dal fermare la colonizzazione della Cisgiordania e la distruzione di Gaza. Ci sono infatti già 700 mila coloni illegali in Cisgiordania, non si tratta dunque di fermare la colonizzazione ma bensì proseguirla.

Il mondo assiste in silenzio, ma la psicologia ci insegna che assistere senza agire equivale a essere complici. Per questo è necessario dirlo con forza: Netanyahu va fermato. Fermare l’annientamento di Gaza e la cancellazione della Cisgiordania significa difendere la possibilità che i bambini palestinesi abbiano un futuro.

Per questo Soleterre si impegna in prima linea per offrire supporto psicologico alle vittime dei conflitti, con particolare attenzione alla cura dei traumi di guerra in Cisgiordania. In questi mesi, abbiamo avviato programmi di sostegno psicosociale per i bambini e le famiglie palestinesi, cercando di alleviare le cicatrici invisibili che la guerra lascia nelle persone più vulnerabili. Il nostro intervento si concentra sull’assistenza psicologica diretta e sulla creazione di spazi sicuri dove i bambini possano ritrovare la loro dignità e speranza per il futuro” ha concluso Rizzi.


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