fumo James Dean

Leggete e scoprirete che il fumo è ovunque!

Il ruolo del fumo nelle società di ieri e di oggi

La settimana scorsa, presa da mille impegni familiari e lavorativi, mi sono resa conto che era giunto il momento per abbozzare, almeno a grandi linee, l’articolo che avrei proposto per il topic di questo mese. Nell’estrema consapevolezza di essere in alto mare, e con la voglia e l’urgenza di dissipare la nebbia che attanagliava le mie idee, decisi di pubblicare su Facebook (come promemoria e incitamento) il seguente post:

Ok, direi che è ora di darmi al fumo.

Ovviamente io parlavo dell’articolo, cosa che hanno colto (spero e credo) gli amici Inchiostrati che hanno messo il like. Quello che non avevo calcolato erano i commenti di tutti gli altri.

Tra chi mi invitava a starne lontana, chi mi chiedeva se parlassi di fumo passivo, chi ha ipotizzato cose meno lecite, ognuno ha dato la propria interpretazione di un qualcosa – il fumo – che, volenti o nolenti, è parte non solo del nostro quotidiano, ma anche della nostra cultura. Quando si parla di fumo si pensa subito alle sigarette ma, quello di cui vi vorrei parlare, è il fumo nelle società o, meglio, del suo utilizzo e delle funzioni che l’uomo gli attribuisce.

Il fumo come mezzo di socializzazione

Il fumo è un’ottima occasione per socializzare e, diciamolo, anche per rompere il ghiaccio. Nonostante le campagne antifumo si rivolgano ad un pubblico sempre più giovane, la sigaretta resta, purtroppo, un simbolo d’affrancamento dalla fanciullezza. Forma di affermazione e di autodeterminazione, viene percepita come segno d’ingresso nell’età adulta.

Con queste motivazioni troppo spesso s’inizia da ragazzini. La sigaretta è usata come stampella, come supporto per farsi accettare e gestire meglio le dinamiche di gruppo. Col tempo questa necessità viene meno, ma il vizio rimane.

Nella migliore delle ipotesi ci si ritrova ad essere un fumatore sociale, cioè si fuma solo alle feste, la sera con gli amici; non si è necessariamente dipendenti dalla nicotina, ma dal gesto e dalla situazione. Sono individui che fumano occasionalmente e in genere solo quando gli altri intorno a loro sono fumatori. Nei casi peggiori si diventa fumatori compulsivi, di quelli che contano i pacchetti fumati in una giornata.

A tentare di rompere il legame morboso tra socializzazione e fumo ci hanno provato in italia varie leggi. Curiosi di scoprire quali? Vediamole!

Le leggi sul fumo in Italia

La prima di tutte fu la legge 584 del novembre 1975, che vietava il fumo nei teatri, nei cinema e nelle sale da ballo chiuse, così come nelle scuole e nei musei e persino nelle corsie degli ospedali (sì, avete letto bene). Ci vollero poi altri trent’anni per una legge che regolamentasse il fumo e che avesse un effetto così dirompente nella quotidianità dei cittadini.

La legge Sirchia del 2003 vietò il fumo nei locali chiusi: i luoghi di lavoro privati o non aperti al pubblico, gli esercizi commerciali e di ristorazione, i luoghi di svago, palestre, centri sportivi. Il fumo fu così bandito dai principali luoghi di socializzazione e i fumatori relegati nei ghetti dei locali riservati.

Il fumo nei media

La rappresentazione di sé, il senso d’emulazione e di appartenenza, così come in altri casi passa inevitabilmente per i media. Prima cinema e TV rimandavano immagini di giovani forti e vincenti: i sex symbol, gli attori, i cantanti, gli idoli dei ragazzi… Tutti fumatori.

Provate a cercare James Dean su Google e contate in quante foto compare senza sigaretta. Certo, si potrebbe obbiettare che il personaggio è datato, ma certamente non è superata l’idea del bello e dannato (ripresa da tanti suoi colleghi anche di recente) che, in qualche modo, ha sancito nell’immaginario collettivo che il “figo” debba fumare.

Non sono immuni dal fumo (o, almeno, non lo erano fino a pochissimo tempo fa) neanche i film per bambini.

Il caso Disney

È infatti solo dal 2015 che la Disney ha bandito il fumo dai lungometraggi destinati alle famiglie e ai minori di 13 anni, da quando cioè l’amministratore delegato Bob Iger ha dichiarato di voler estendere la politica per proibire il fumo nei film a tutti i livelli: film di Marvel, Lucas, Pixar e Disney.

Fino ad allora, di fumatori nei film Disney, ne abbiamo trovati a iosa: dall’iconica Crudelia De Mon ad Ade col sigaro, fino a Pinocchio nel paese dei balocchi. Il fumo, però, non è legato solo agli antagonisti e non rientra nei comportamenti stigmatizzati.

Così troviamo Peter Pan che fuma il Calumet della pace, Pippo coi sigari nei meravigliosi corti di Goofy e persino un personaggio positivo in assoluto: Merlino e la sua pipa ne “La spada nella Roccia”.

Crudelia-de-Mon
Crudelia De Mon (fotogramma da La Carica dei 101).

Il fumo come mezzo di comunicazione

Al di là del ruolo ricreativo, in alcune società (soprattutto quelle del passato) il fumo assumeva molteplici valenze sociali. Vediamole in dettaglio!

Il fumo per comunicare tra uomini

Tra gli indiani il fumo veniva utilizzato per sancire trattati di pace o alleanze durante importanti cerimonie. Il calumet era composto da un fornello, solitamente in pietra (che rappresentava la madre terra) e un cannello (che la tradizione vuole in legno di frassino dipinto di bianco). In esso, a differenza di quanto si possa pensare, non veniva bruciato tabacco ma, più probabilmente, salvia e Graminaceae.

Frederic Remington - Segnali di Fumo
The smoke signal (Frederic Remington, olio su tela 1905).

Un altro uso che facevano del fumo i nativi americani, passato alla storia, sono i famosi “segnali di fumo“. Gli indiani li utilizzavano perché permetteva loro di scambiarsi informazioni a distanza, in quanto era possibile vederli anche da molto lontano. Ovviamente i messaggi che venivano trasmessi erano elementari: si poteva comunicare l’arrivo dei nemici, la posizione del campo e poco altro.

Il fuoco veniva alimentato da stoppie o sterco di bisonte; successivamente veniva coperto con erba o frasche verdi in modo da generare fumo. I segnali venivano inviati coprendo le fiamme con una coperta, che poi veniva tolta improvvisamente; il messaggio si creava in base a quanto la coperta rimaneva sulle fiamme. Dobbiamo quindi immaginarci una sorta rudimentale di alfabeto morse.

Il fumo per comunicare con gli dèi

Sempre restando nel nord America precolombiano, si narra che il Calumet venne donato agli indiani dallo spirito di una femmina di bisonte bianco, che aveva assunto sembianze umane. L’indicazione data dallo spirito era quella di usarlo durante le preghiere rituali. In questi riti piuttosto complessi, che miravano a mantenere l’armonia tra l’uomo e la natura, il fumo fragrante diventava messaggero delle implorazioni. Ma i nativi americani non sono gli unici ad aver usato il fumo come mezzo per comunicare con le divinità.

Nella Grecia antica, la Pizia (cioè la sacerdotessa di Apollo) dava responsi nel santuario di Delfi, dopo essersi esposta ai dolci fumi: vapori di allucinogeni che fuoriuscivano da una fessura nel suolo.

Alcuni studi recenti fanno risalire queste esalazioni alla presenza di sostanze sulfuree sotto il tempio, che risalivano in superficie attraverso alcune fenditure. Inoltre si ritiene che nelle acque della fonte accanto al tempio, da cui si abbeveravano la Pizia e i suoi sacerdoti, fosse presente dell’etilene.

In questo caso la sacerdotessa rispondeva alle domande dei supplici in maniera alquanto vaga, tale per cui se il vaticinio non si fosse compiuto la colpa sarebbe stata dei sacerdoti, che non erano stati in grado di trasmettere le volontà divine comunicate dalla Pizia.


Consigli di lettura

Se ne avete la possibilità, leggete La morte della Pizia di Friedrich Dürrenmatt, edito da Adelphi: un libro geniale, irriverente ed estremamente divertente, con cui l’autore non irride ma esalta il vero protagonista di Delphi: l’enigma.


Il fumo nel linguaggio

Come abbiamo visto, il fumo fa parte del nostro vivere e questo si riflette notevolmente sul linguaggio; ma spesso non conosciamo l’origine dei termini o dei modi di dire che utilizziamo. Vediamone alcuni!

Fumetti: devono il nome alla “nuvoletta” scelta dai disegnatori per far comunicare i loro personaggi. Sembrerebbero derivare proprio dai famosi “segnali di fumo” della comunità indiana. All’interno di questa nuvoletta (balloon in inglese) sono racchiuse le battute, attribuite a questo o quel personaggio grazie ad una specie di punta orientata verso il personaggio che parla.

Fumare come un turco: d’origine incerta, probabilmente risalente alla seconda metà del XVI secolo, quando in Turchia regnava un Pascià estremamente severo nei confronti del consumo di caffè e tabacco, considerate alla stregua di pericolose droghe. Una volta morto il sovrano, i turchi tornarono a bere caffè e a fumare eccedendo nel vizio come reazione al divieto subito.

Tra le altre varie espressioni comuni, vorrei ricordare…

Tanto fumo e poco arrosto: situazione ricca di apparenza e povera di sostanza. Si riferisce a progetti o persone che si presentano come importanti o grandiosi ma che poi si rivelano modesti. Vale inoltre per chi si dà molta importanza senza realmente averla.

Vender fumo: non è, come si può pensare, l’attività del tabaccaio, bensì è una locuzione antica. Riguarda quei personaggi che, vantando rapporti di grande familiarità con i potenti, ingannano i sempliciotti. Di loro si ritrova traccia già in Marziale e in Apuleio. Nel Medioevo, legato a questo modo di dire si rintraccia il detto “chi vende fumo perisce di fumo”, con il senso che chi si serve dell’inganno verrà ingannato a sua volta.


Spero di non esser stata troppo fumosa nel mio excursus, ma di essere riuscita a farvi scoprire dei nuovi punti di vista sul fumo. In ogni caso, ricordate che il fumo nuoce gravemente alla salute, pertanto – se avete questa cattiva abitudine – è bene che smettitate per voi e per chi vi sta intorno. Cliccate qui per conoscere le strategie e i consigli utili per smettere di fumare!

Scritto da:

Cristina Stecchini

Mi chiamo Cristina, sono nata di giovedì e sono un sagittario!
Mi piace chiacchierare, conoscere persone e sono a mio agio anche a una festa in cui non conosco nessuno. Cerco sempre il lato positivo delle cose e il mio motto è "c'è sempre una soluzione"!
Maniaca della programmazione, non posso vivere senza la mia agenda.
Ho studiato linguaggi dei media e da quasi 20 anni mi occupo di comunicazione per una grande azienda di telefonia.
Nel tempo libero mi piaceva leggere, viaggiare, guardare i film, andare a teatro. Ora invece ho due gemelle di 7 anni che, se da una parte assorbono quasi tutte le mie energie, dall'altra mi hanno donato un nuovo e divertente punto di vista.
Per tutti questi motivi vi parlerò di storie e leggende.