revenge porn

Il 2 aprile la Camera dei Deputati ha approvato, nell’ambito del d.d.l. recante “modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, l’emendamento che introduce l’art. 612-ter sul c.d. revenge porn


Ma cosa è il revenge porn?

Il revenge porn, ovvero la tristemente diffusa pratica sempre più protagonista della cronaca nazionale, consiste nel diffondere, principalmente tramite Internet, senza il consenso di chi vi compare, immagini o video sessualmente espliciti al fine di arrecare un danno.

La definizione di ‘revenge porn’, però, letteralmente non è funzionale a spiegare la norma che è stata creata ad hoc per questo genere specifico di vendetta. Detta norma, infatti, non è stata pensata solamente per punire il revenge porn, bensì fattispecie di reato più ampie e complesse al cui interno rientra lo stesso revenge porn.

Quali sono i reati previsti dalla norma?

Nello specifico, sono stati previsti due reati, che soggiaciono alla stessa pena: reclusione da uno a sei anni e multa da euro 5 mila ad euro 15 mila.

Primo comma

Secondo il primo comma viene punito chi, senza il consenso delle persone rappresentatevi, diffonde immagini o video sessualmente espliciti, destinati a restare privati, che egli stesso ha realizzato o sottratto.

Non viene, quindi, contemplato un dolo specifico: lo scopo per il quale tali materiali siano stati diffusi, che sia per vendetta, per profitto o per qualunque altro fine, non ha importanza. È sufficiente che la condotta avvenga senza consenso.

Non rileva neanche se la persona abbia materialmente partecipato alla produzione di quelle immagini pornografiche, abbia assistito in qualche modo all’evento oppure sia riuscita ad impossessarsene: il livello di gravità della condotta è sufficiente a determinare la pena.

Secondo comma

Nel secondo comma viene invece punito chi diffonde quelle immagini avendole ricevute o comunque acquisite da altri. 

Una fattispecie diversa, meno grave rispetto a chi abbia materialmente prodotto il materiale o a chi lo abbia sottratto. Proprio per tale ragione, viene richiesto un dolo specifico: la diffusione deve avvenire per creare nocumento.

Nei commi successivi vengono chiarite le aggravanti e la procedibilità del reato.

Per quanto riguarda la pena, è previsto un aumento se il reato viene commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da una persona che sia o sia stata legata alla persona offesa da una relazione affettiva; un aumento da un terzo fino alla metà viene previsto nel caso in cui il reato venga commesso a danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o a danno di una donna in stato di gravidanza.

La pena verrà ulteriormente aumentata nel caso in cui il reato venga commesso attraverso strumenti informatici o telematici, al fine di reprimere la diffusione del materiale pornografico sul web. Viene altresì punito anche chi diffonda a sua volta il materiale immesso in rete da altri.

È prevista la procedibilità a querela della persona offesa, a meno che quest’ultima sia una persona in condizioni di inferiorità fisica o psichica o si tratti di una donna in stato di gravidanza, nel qual caso si procede d’ufficio.

Qual è il bene giuridico tutelato dall’art. 612-ter?

La collocazione sistematica dell’art. 612-ter all’interno del titolo XII, sezione III, dei delitti contro la libertà morale, suggerisce che il bene giuridico tutelato sia, in primis, la libertà di autodeterminazione dell’individuo.

Appare chiara, peraltro, anche la continuità ideologica rispetto al delitto di atti persecutori ex art. 612-bis c.p., nell’ottica di meglio contrastare la violenza, anche morale, nei confronti delle donne.

Infatti, il disegno di legge che introduce il Codice rosso, tra l’altro, prevede la modifica degli artt. 347 e 362 c.p.p., sancendo con l’integrazione dell’art. 370 c.p.p., l’obbligo per la polizia giudiziaria, in presenza di alcuni reati, di dare la priorità alle indagini, creando una corsia preferenziale ed escludendo in tal modo la possibilità che la stessa valuti discrezionalmente la sussistenza dell’urgenza.

I reati in questione vanno dai maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale aggravata e non, atti sessuali con minori, corruzione di minori, violenza sessuale di gruppo, stalking, lesioni personali aggravate, commessi all’interno di contesti familiari o di convivenza.

Dalla comunicazione della notizia di reato, dunque, il Pubblico Ministero avrà tre giorni per ascoltare la testimonianza della vittima e le successive attività di indagine avranno tempi immediati.

Non ci resta che aspettare l’approvazione anche da parte del Senato e valutare il ddl “Codice Rosso”, di cui avremmo modo di parlare in maniera più approfondita nel suo complesso, visto che non solo va a colmare un vuoto normativo ma rappresenta un vero e proprio passo avanti, anche processuale, nella lotta contro la violenza sulle donne.

Scritto da:

Virginia Taddei

Avvocato e redattrice, nonché co-fondatrice di Inchiostro Virtuale.
Potete contattarmi inviando una mail a v.taddei@inchiostrovirtuale.it