La Bella e la Bestia - Disney 2017

Transizioni fisiche e morali nel mito

Quando in redazione si è deciso che il tema del mese sarebbe stato la transizione, sono rimasta un po’ perplessa e mi sono interrogata su come avrei affrontato l’argomento. Per prima cosa sono andata ad approfondire il concetto. Cosa s’intende, che cos’è la transizione? Da Wikipedia:

Transizione:  tran·si·zió·ne/sostantivo femminile
Passaggio da una situazione a un’altra, sia in senso statico, come condizione intermedia definita, che in senso dinamico in quanto implichi l’idea di un’evoluzione in atto. “Età”.

  • In musica, modulazione di breve durata.
  • In fisica, passaggio di un sistema da uno stato a un altro.
  • (…)

Tornando più propriamente al mio settore, transizione deriva dal latino transitio -onis, der. di transire, ‘passare’, e il primo significato proposto dal vocabolario Treccani è: “Passaggio da un modo di essere o di vita a un altro, da una condizione o situazione a una nuova e diversa“.

Quindi, qualunque sia l’ambito considerato, il termine indica un movimento, una trasformazione e gran parte dei miti raccontano storie di evoluzioni, di percorsi, fisici o spirituali, compiuti dai protagonisti.

La mitologia classica

Nella mitologia classica le trasformazioni erano all’ordine del giorno. Ovidio racchiuse, nelle sue Metamorfosi, ben 250 miti accomunati dal tema della trasformazione di uomini o creature mitologiche in parti della natura, animata e inanimata. Queste trasformazioni, quasi sempre conseguenze di azioni dei protagonisti, sono messe in atto per la loro salvezza spesso non fisica, ma spirituale.

Aracne, ad esempio, famosa tessitrice della Lidia, ritenendo di essere superiore a chiunque in quest’arte, commise l’impudenza di sfidare Minerva, divinità protettrice della tessitura. Scelse come tema del suo tessuto gli amori degli dèi; il suo lavoro era così perfetto e ironico che Atena si adirò, distrusse la tela e la colpì con la sua spola. Aracne, disperata, si impiccò, ma la dea la trasformò in un ragno, costringendola a filare e tessere per tutta la vita dalla bocca, punita per l’arroganza dimostrata – Hýbris – nell’aver osato sfidarla.

Oltre alle transizioni intese come mutamenti fisici, abbiamo i percorsi spirituali, durante i quali il protagonista prende coscienza dei propri errori o delle proprie capacità giungendo al termine del viaggio profondamente cambiato nell’animo. L’esempio più facile è il Canto di Natale di Dickens in cui Scrooge affronta un percorso di riflessione sulla propria vita e su come le sue scelte passate e presenti influenzeranno il proprio futuro. Forte della lezione impartitagli dagli spettri, riuscirà a dare una svolta decisiva alla propria esistenza.

Altre volte l’evoluzione dell’anima si riflette prepotentemente sulla fisicità. Questa è la situazione che troviamo ne La bella e la bestia.

La bella e la bestia

La storia europea ha un nucleo originario che risale a Le metamorfosi di Apuleio, ma potrebbe avere origine in scritti ellenici antecedenti. Ne esistono varie versioni. La prima stesura, di Madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve, fu edita nel 1740. Altre fonti attribuiscono la ricreazione del racconto a Giovanni Francesco Straparola nel 1550, ispirato probabilmente da una storia vera avvenuta sulle sponde del Lago di Bolsena, in provincia di Viterbo. Ed è proprio di questa storia che noi parleremo.

La trama

Anche in questo caso, la versione più conosciuta è quella portata sugli schermi nel film del 1991, diretto da Gary Trousdale e Kirk Wise. La trama è più che nota. In un paesino vicino a Parigi, viveva in uno splendido castello un giovane principe, bello ma viziato e crudele. Una sera d’inverno, un’anziana mendicante bussò alla sua porta per chiedere asilo in cambio di una rosa, ma il principe, disgustato, la scacciò in malo modo. La mendicante allora si rivela essere una fata, che voleva metterlo alla prova. Rendendosi conto della sua cattiveria lo punì, trasformandolo in un’orribile bestia, e gettò un incantesimo sul castello e i suoi abitanti. L’unico modo per liberarsi dal sortilegio era imparare ad amare, e farsi amare a sua volta, nonostante l’aspetto.

In questo caso, diversamente dal mito di Aracne, la bruttezza del mostro rispecchia l’aridità d’animo del principe e segna l’inizio del suo percorso. Convinto che mai nessuno avrebbe potuto amarlo a causa del suo aspetto, si chiude nel castello usando lo specchio magico donatogli dalla fata per guardare il mondo.

Invece Belle è una ragazza che vive poco lontano, ama leggere e sogna una vita di avventure. Considerata un po’ eccentrica, subisce la corte di Gaston, rozzo e arrogante anche se di bell’aspetto, che è attratto da Belle solo perché è la più bella del villaggio.

La bella e la bestia
La bella e la bestia, film di animazione della Disney datato 1991.
L’incontro

Le vite dei due protagonisti s’incontrano quando Maurice, il padre di Belle, ritornando da una fiera si perde e. per sfuggire a un assalto di lupi, si rifugia nel castello. La servitù accoglie magnificamente Maurice, ma la bestia non approva l’intrusione e lo imprigiona. Preoccupata per la sua assenza, Belle parte alla ricerca del padre e giunge al castello, dove si offre come ostaggio in cambio della libertà del genitore.
La bestia coglie l’opportunità di provare a spezzare l’incantesimo e libera l’uomo rimandandolo al paese, dove comincia a cercare aiuto per riconquistare la libertà della figlia.

Nel frattempo Belle, rinchiusa nel castello, pur rifiutando ogni contatto con la bestia, comincia ad ambientarsi e a stringere amicizia con la magica servitù. Può andare ovunque tranne nell’ala ovest, dove si trovano le stanze della bestia.

Ovviamente la curiosità ha il sopravvento e Belle scopre la rosa magica.

La bestia è adirata a tal punto da far scappare la ragazza, ma si pente immediatamente tanto da andare a cercarla, trovandola appena in tempo per salvarla dai lupi.

Questa avventura avvicina i due eroi, che iniziano a socializzare tanto che bestia organizza un ballo per Belle. Durante la serata si accorge però che la fanciulla è triste e decide di farle vedere il padre attraverso lo specchio magico.

La ragazza è felice ma quello che vede non è quello che si aspetta. Gaston, arrabbiato per il rifiuto della ragazza, vuole mandare Maurice al manicomio. La bestia è ormai alla fine del suo percorso di redenzione, perché si è scoperto innamorato della ragazza: compie l’estremo gesto d’amore e la lascia andare per salvare il padre, regalandole lo specchio.

Belle, riconoscente, parte e arrivata al villaggio esorta la popolazione a lasciar libero il padre, asserendo che non è pazzo e che la bestia esiste davvero e per prova mostra la bestia nello specchio.

Chi è il vero mostro?

Gaston, geloso perché dalle parole della ragazza ha percepito il suo affetto per il mostro, convince la popolazione ad attaccare il castello per liberare il paese dal grave pericolo che la bestia rappresenta.

Il popolo marcia verso il castello, la servitù cerca di resistere ma gli invasori entrano. La bestia non combatte, convinta che ormai non ci sia più alcuna speranza di rivedere la sua Belle, tant’è che non si difende quando Gaston cerca di ucciderlo. L’arrivo provvidenziale di Belle fa capire al principe che gli è affezionata; così, rinvigorito, sconfigge Gaston e gli intima di andarsene.

Il cacciatore finge pentimento, quel tanto che basta per allontanarsi e colpire la bestia a tradimento. Il mostro morente si dice felice di aver potuto vedere la sua amata un’ultima volta. Belle, in lacrime, confessa il suo amore alla bestia nell’esatto momento in cui cade l’ultimo petalo. L’incantesimo è così infranto: il principe torna in vita riacquisendo il suo aspetto originario, il castello ritorna il luogo fiabesco e i servitori riprendono forma umana.

La storia di Petrus Gonsalvus

Don Petrus Gonsalvus era affetto da ipertricosi.
Don Petrus Gonsalvus,

I miti, a volte, hanno radici nella realtà e le trasformazioni avvengono anche nel mondo reale. Certo non c’entra la magia e non si parla neanche di uomini che devono redimersi moralmente.

Pedro Gonzales, originario di Tenerife, discendente dei “mencey” (i re degli aborigeni delle Canarie) fu inviato all’età di dieci anni da Re Carlo V a Enrico II re di Francia. La moglie Caterina de’ Medici, donna dalla forte personalità caratteriale e politica, e amante di tutto ciò che fosse esotico, vide nel ragazzo un’icona, un’occasione per ospitare una testimonianza unica del suo genere.

Pedro era affetto da ipertricosi o sindrome del lupo mannaro, causata da un’alterazione genetica a carico di alcuni cromosomi che determina un’innaturale crescita di capelli su tutto il corpo, compreso il viso. Il ragazzo fu educato al latino e alle materie umanistiche, sì che crebbe come un vero gentiluomo restando a corte per 44 anni con il nome di Don Petrus Gonsalvus, un atto dovuto alle sue origini reali.

Nel 1573, a 36 anni, gli fu concessa in moglie Catherine, la più bella delle damigelle d’onore della regina, probabilmente per la curiosità scientifica di vedere cosa sarebbe nato da quell’unione.

Petrus era probabilmente di peluria rossiccia, perché i guachi di Tenerife erano stati contaminati dai popoli del nord. Al di là della peluria, il carattere mite, la sensibilità e la dolcezza di Petrus finirono per conquistare il cuore della moglie, creando un’unione inaspettatamente felice, da cui, con grande gioia della regina, nacquero ben sei figli, di cui quattro affetti da ipertricosi.

Dopo la morte di Caterina nel 1589, Petrus Gonsalvus e la sua famiglia lasciarono la corte francese per recarsi in Italia. Prima soggiornarono alla corte di Parma, poi si stabilirono a Capodimonte, sul lago di Bolsena (Viterbo), dove Petrus morì nel 1618, all’età di 81 anni, lontano dai clamori delle corti reali.

Consigli di lettura

Se l’articolo vi è piaciuto, leggete anche quello dedicato alla sirenetta: quando le fiabe non sono per bambini.

Scritto da:

Cristina Stecchini

Mi chiamo Cristina, sono nata di giovedì e sono un sagittario!
Mi piace chiacchierare, conoscere persone e sono a mio agio anche a una festa in cui non conosco nessuno. Cerco sempre il lato positivo delle cose e il mio motto è "c'è sempre una soluzione"!
Maniaca della programmazione, non posso vivere senza la mia agenda.
Ho studiato linguaggi dei media e da quasi 20 anni mi occupo di comunicazione per una grande azienda di telefonia.
Nel tempo libero mi piaceva leggere, viaggiare, guardare i film, andare a teatro. Ora invece ho due gemelle di 7 anni che, se da una parte assorbono quasi tutte le mie energie, dall'altra mi hanno donato un nuovo e divertente punto di vista.
Per tutti questi motivi vi parlerò di storie e leggende.